IL RETROSCENA

«Decide Gentiloni, il Pd ha delegato a lui come procedere sullo ius soli». Così Matteo Orfini, presidente del Pd, che sulla materia ha chiesto il voto di fiducia al Senato, descrive con Il Dubbio lo stato dell’arte su quella che rischia di essere una mina nelle mani del governo. Ora però, visto che il capogruppo del Pd al Senato Luigi Zanda e il ministro ( Pd) per i rapporti con il parlamento Anna Finocchiaro hanno detto che senza Alternativa popolare a Palazzo Madama i numeri non ci sono neppure con la fiducia ( Finocchiaro: «Senza Ap mancano 30 voti» ; Zanda: «Portarlo in aula sarebbe la sua condanna a morte» ), la cosa più probabile sembra che dello Ius soli si torni a parlare dopo l’approvazione della Finanziaria. Ma c’è chi adombra anche l’ipotesi che Palazzo Chigi faccia passare tutto in cavalleria. E magari verranno anche introdotte le modifiche proposte da Angelino Alfano che ha chiesto sia data la cittadinanza a quegli immigrati che abbiano fatto un vero ciclo di studi in Italia e che diano dimostrazione di essere davvero integrati. A quel punto il ministro degli Esteri e leader di Ap avrà di fronte sicuramente anche un quadro più completo: l’esito del voto in Sicilia e soprattutto le sorti del Rosatellum bis dove c’è quella soglia del 3 per cento che per Ap significa “primum vivere”. Quel «decide Gentiloni» di Orfini potrebbe significare questo: l’approdo appunto del testo ritoccato in aula a gennaio. Ma a quel punto Ap correrebbe anche un altro rischio: «Qualcuno potrebbe approfittare dello Ius soli per mandar sotto il governo e andare al voto a marzo, come a Matteo Renzi non dispiacerebbe», dicono dentro il Pd. Comunque sia, per Ap che, dopo alcune aperture, dettate soprattutto dall’ottenimento della soglia al 3 per cento nella legge elettorale e dalle forti pressioni del Vaticano, esternate dal presidente della Cei Gualtiero Bassetti, oltre che dallo stesso Papa Francesco, ha fatto macchina indietro, sullo ius soli si consuma il proprio “diritto politico di cittadinanza” nel futuro parlamento.

E lo ius soli potrebbe fare da detonatore non solo di una scissione di Ap, con alla fine Alfano verso il Pd e Maurizio Lupi verso Silvio Berlusconi, ma di una crisi di governo a gennaio che servirebbe ad andare a votare a marzo, anziché a maggio come invece a Berlusconi non dispiacerebbe. Insomma, il tormento di un partito piccolo ma determinante per il governo come Ap, sull’orlo di una sorta di scissione dell’” atomo”, rischia di trascinare con sé le sorti della legislatura. Alfano evidentemente ha deciso di vendere ben cara la pelle. Stretto a tenaglia tra Renzi, accusato dentro Ap di fare «il pe- sce in barile» e l’ala berlusconiana capitanata da Lupi, che va leva sul potere lombardo di Cl e non vuole mollare la giunta Maroni ( «Stanno attaccati con l’Attak alle poltrone al Pirellone», accusano gli antiberlusconiani di Ap), Alfano sullo Ius soli ha dovuto fare macchina indietro. E a dargli man forte è intervenuta anche una esponente di peso, come il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, proprio lei considerata la più filo- Pd ha suonato la campana a morto: «Riproviamoci alla prossima legislatura, invece di essere chiamato ius soli deve essere chiamato ius culturae». Le que- stioni di merito, spiegano dentro Ap, «non sono di poco conto, ci sono sondaggi in base ai quali non emerge la volontà di alcune comunità islamiche di integrarsi. E noi, un partito che difende l’Occidente, ne dobbiamo tener conto».

Ap non solo rischia di subire al Nord lo strappo di Lupi ( proprio per evitare questo Alfano lo ha nominato coordinatore) ma è anche preoccupata per il risultato che avrà in Sicilia, dove Alfano essendo lì più forte ha imposto l’alleanza con il Pd ma teme ora di essere travolto da una sconfitta di Renzi. Il giorno dopo Lupi gli direbbe: tu stai regalando i pochi voti rimasti a Berlusconi che così fa di Fi il vero unico partito moderato. Anche perché, come dicono nei dintorni di Arcore, «non è escluso che a un certo punto se Salvini tira troppo la corda, si rompa davvero con lui». Il leader leghista considera quella sullo Ius soli una sua vittoria e dice: «Bene Alfano e Lorenzin, ma non rientrino nel centrodestra». Oggi Berlusconi vedrà il presidente del Ppe Joseph Daul che incontrerà, a sua volta, anche Alfano. Sullo ius soli, a difesa del quale Sinistra Italiana con Loredana De Petris capogruppo al Senato e il segretario Nicola Fratoianni è insorta attaccando la decisione del Pd di non portarlo in aula (“I numeri c’erano”), in realtà si consumano tantissime variabili decisive per il futuro del quadro politico.