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elezioni politiche 5Stelle
Discontinuità. Superbonus. Reddito di cittadinanza. Salario minimo. È su queste quattro direttrici che si è mosso l’incontro di questa mattina tra il presidente del Consiglio, Mario Draghi, e il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte. Un incontro che ha fatto seguito al Consiglio nazionale M5S e nel quale l’ex inquilino di palazzo Chigi ha garantito il sostegno all’esecutivo, mettendo tuttavia diversi puntini sulle i. Con tanto di documento consegnato nelle mani dell’ex presidente della Bce con su scritte le richieste pentastellate. A partire proprio dal reddito di cittadinanza. «Non possiamo più accettare di stare in una maggioranza che, in molte sue componenti, rivolge attacchi pretestuosi e strumentali a questo minimale sistema di protezione sociale, scagliandosi vergognosamente contro le fasce più vulnerabili della popolazione», si legge nel documento. Dunque la richiesta è quella di una difesa, «una volta per tutte», del cavallo di battaglia grillino ai tempi del governo gialloverde, picconato un giorno sì e l’altro pure da Lega, Forza Italia e Italia viva. Un’altra battaglia sulla quale Conte non transige, o almeno così ha fatto mettere nero su bianco, è quella sul superbonus, provvedimento bandiera del governo Conte II e legato alla ripresa post pandemica. «Gli interventi governativi che si sono via via susseguiti e le sue stesse dichiarazioni rilasciate in ambito europeo, hanno prodotto un clima di forte sfiducia nei cittadini e negli stessi operatori del settore - si legge ancora in uno dei passaggi più forti del testo - con il risultato che la circolazione dei crediti fiscali di fatto risulta bloccata, decine di migliaia di imprese sono sull’orlo del fallimento e molti cittadini si ritrovano con i lavori in casa sospesi: per noi è assolutamente imprescindibile che si introduca una soluzione davvero funzionale, in grado di sbloccare le cessioni e di consentire il completamento dei lavori». Ma non è finita qui, perché nel documento si notano altri attacchi diretti al presidente del Consiglio. Come quello contro il bonus di 200 euro una tantum, che secondo Conte «non vale a risolvere i gravi problemi che i nostri concittadini stanno affrontando», o quello contro l’abolizione del cashback, «un provvedimento che poteva senz’altro essere migliorato e affinato, ma che si è invece deciso di eliminare con un tratto di penna, senza neppure consultarci». Infine, la richiesta dell’introduzione di un salario minimo, di uno scostamento di bilancio e di smettere con i Consigli dei ministri «in cui si arriva a decisioni già prese». Insomma, Conte ha chiesto a Draghi discontinuità, e Draghi ha risposto prendendo tempo. Da palazzo Chigi l’incontro è stato definito «positivo e collaborativo». Il presidente Draghi, si legge in una nota, «ha ascoltato con attenzione quanto rappresentato dal presidente del M5S» e «i due torneranno a incontrarsi prossimamente». Dunque quello di oggi è stato solo il primo round, a cui è seguita la questione di fiducia chiesta dal ministro per i Rapporti con il parlamento, Federico D’Incà, sul decreto Aiuti. Un provvedimento che vale 23 miliardi di euro e sul quale da giorni il Movimento chiede certezze, soprattutto sulla parte che riguarda la transizione ecologica. «Abbiamo rappresentato a Draghi che noi non siamo qui per predicare la transizione ecologica di giorno e consentire nuove trivellazioni di notte», ha detto Conte poco dopo l’incontro. Il voto finale sul testo è previsto lunedì. Ma nel frattempo il faccia a faccia tra l’ex presidente del Consiglio e quello attuale ha provocato la reazione degli altri partiti politici, sia di maggioranza che di opposizione. Se per il senatore dem Andrea Marcucci «sulle questioni specifiche poste dal M5S si possono trovare punti di incontro», ma «in un governo istituzionale è difficile parlare di discontinuità», secondo il capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia, Francesco Lollobrigida, «il M5S si è ridotto a pietire per giorni un incontro con il presidente Draghi e, dopo aver posto l’ennesimo “penultimatum” su temi presentati come battaglie imprescindibili, si accontenta di due pacche sulle spalle». Da Italia viva si è fatto sentire Ettore Rosato, vicepresidente della Camera. «Per i grillini la soluzione della crisi è aver potuto raccontare a Draghi che c’è la crisi energetica e le bollette sono aumentate - ha commentato - Non si sono accorti che è al primo punto dell’agenda di governo, peccato». E mentre la Lega insiste sulla richiesta a Draghi di evitare «due pesi e due misure», da Forza Italia è la ministra per il Sud, Mara Carfagna, a predicare la fine della «conflittualità» in maggioranza. Più un auspicio, che una speranza concreta.