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Professore di scienza politica a Firenze, un passato da ideologo della nuova destra e un presente da studioso dei populismi, Marco Tarchi parla della comunicazione pentastellata in queste ultime ore di campagna elettorale.
Professore, Luigi Di Maio ha consegnato a Sergio Mattarella un elenco di ministri di un eventuale governo prima ancora di conoscere il verdetto delle urne. Scavalcare la grammatica istituzionale, con stile schietto e sbrigativo, attrae gli indecisi o li spaventa? Per ipotizzare che gli indecisi badino alla grammatica istituzionale, ci vuole una bella dose di ottimismo, che il mio approccio realistico mi vieta. Gli indecisi badano alla sostanza, e da questo punto di vista la presentazione anticipata di una squadra di governo può essere una mossa azzeccata. Soprattutto se, come pare stia accadendo, nella squadra c’è una corrispondenza tra le competenze presunte del candidato e il ministero che dovrebbe dirigere. È il segno di un netto scostamento dalla prassi della politica di professione, e rafforza l’immagine con cui il M5S ha sin qui attratto i suoi elettori.
Con la squadra di governo già pronta, ripetono i grillini, il Capo dello Stato non potrà che conferire l’incarico al primo partito. Mattarella si farà condizionare da questa pressione mediatica? La pressione mediatica è tutt’altro che unilaterale e filo- grillina. Mi pare anzi che prevalgano, e di molto, le voci critiche nei confronti del M5S nella stampa, in tv e in radio. Quindi Mattarella non ha niente da temere da un eventuale rifiuto dell’ipotesi di Di Maio: sarebbe protetto da quasi tutte le fonti informative più accreditate. Ciò premesso, non vedo perché, nel caso di un primato del M5S, non dovrebbe concedere un mandato esplorativo al suo capofila, visto che poi a costui spetterebbe il difficilissimo compito di trovare i voti per costituire una maggioranza, e un probabile insuccesso porterebbe acqua al mulino degli avversari dei pentastellati. «Presenteremo un programma di governo e chiederemo agli altri partiti di sostenere il nostro esecutivo, senza scambi di poltrone». Quello grillino è purismo o infantilismo? Davvero Di Maio è pronto a un’altra legislatura all’opposizione o dal 5 marzo stempererà l’oltranzismo per sedersi al tavolo con qualunque alleato? Sarà infantilismo nella politica italiana, ma è più o meno la prassi di tutti i molti paesi europei in cui si vota con sistemi proporzionali e non con l’assurdo “Rosatellum” che, grazie all’artificio dei collegi uninominali e dell’obbligato collegamento con le liste premia coalizioni destinate a disgregarsi all’indomani del voto. L’opposizione a un “governo di larghe intese” costretto ad andare poco oltre l’ordinaria amministrazione e tutt’altro che certo di completare la legislatura potrebbe aumentare i consensi per il M5S, se sapesse fare un’opposizione efficace. In tutti i paesi in cui si sono fatte, nei decenni scorsi, “grandi coalizioni”, a trarne vantaggi elettorali sono state le formazioni rimaste fuori dai governi, soprattutto quelle capaci di articolare un discorso populista.