Il Consiglio nazionale di Forza Italia, convocato ieri a Montecitorio, si è trasformato in un passaggio cruciale per Antonio Tajani. L’appuntamento più delicato da quando, all’indomani della morte di Silvio Berlusconi, il vicepremier ne ha raccolto l’eredità politica. Non solo per la necessità di rilanciare un partito fermo al 9% e in una fase di ristagno elettorale, ma soprattutto per le esternazioni arrivate nei giorni scorsi da Pier Silvio Berlusconi. Un giudizio severo sulla classe dirigente azzurra, giudicata poco rinnovata e troppo dipendente dai soliti noti, che ha risuonato come una sfiducia mascherata al nuovo corso.

Tajani lo sa. Ha incassato e reagito con una mossa che molti vedono come “suggerita” direttamente dagli eredi Berlusconi: apre Forza Italia, promette rinnovamento, smussa i poteri dei colonnelli e mette mano allo statuto. «Vogliamo costruire un grande partito di centro, che possa dialogare con tutti coloro che credono nella libertà, nella democrazia e nell’economia sociale di mercato», scandisce dal palco.

Poi l’affondo: «Non ci saranno più signori delle tessere. Le liste saranno composte in base al merito».

Il riferimento è alle modifiche statutarie appena approvate, che rafforzano il ruolo degli iscritti nella scelta della classe dirigente locale e limitano il potere delle correnti e dei capibastone territoriali. Un modo per provare a rimuovere uno dei veleni storici dei partiti e, allo stesso tempo, dimostrare a Pier Silvio che il cambiamento, almeno nelle intenzioni, è cominciato.

Oltre al messaggio interno, c’è anche quello che guarda alla coalizione. Davanti ai suoi, Tajani ha appoggiato convintamente l'idea sostenuta dalla premier Giorgia Meloni per il cambio della legge elettorale: «Siamo per il proporzionale, che è la legge elettorale più democratica e più trasparente».

Un appello che va letto anche in chiave tattica: un sistema proporzionale, senza i collegi uninominali, riequilibrerebbe le forze del centrodestra, restituendo a Forza Italia un peso più consono ai propri voti reali e non sottoposto all’aritmetica spietata dei collegi contesi.

Un asse con Giorgia Meloni potrebbe quindi aprirsi. Mentre è già prevedibile lo scetticismo di Matteo Salvini, che del maggioritario ha sempre beneficiato nei territori forti della Lega.

Tajani però tira dritto e mette in chiaro l’ambizione: «Forza Italia deve guidare il centrodestra. Non siamo né succubi né gregari di nessuno». Nel mosaico del rinnovamento, si inserisce anche l’annuncio di voler aprire le liste regionali a candidatiindipendenti e civici.

Un altro segnale a Pier Silvio, ma anche un modo per allargare il bacino elettorale e dare ossigeno a un partito che spesso fatica a intercettare energie nuove. «Chi si riconosce nei nostri valori, anche se non ha la tessera in tasca, è il benvenuto», garantisce Tajani.

La narrazione del “partito nuovo” viene costruita passo dopo passo, anche con la definizione della “cabina di regia” composta da sei vice, tre uomini e tre donne, scelta per garantire un’immagine più inclusiva e rappresentativa.

Dietro le quinte, però, restano tutte le incognite di un partito ancora alla ricerca di una vera identità dopo Berlusconi. Lo stesso Tajani, nel suo intervento, ne ha riconosciuto il peso: «Non possiamo essere l’imitazione del nostro fondatore. Dobbiamo essere Forza Italia, ma con una nuova guida, un nuovo spirito e un nuovo progetto» . La sfida più difficile sarà tradurre questa narrazione in un risultato elettorale credibile. Per ora, l’obiettivo è contenere le spinte centrifughe e rilanciare l’immagine di un partito che vuole contare ancora. Le parole di Pier Silvio hanno scosso il “corpaccione” azzurro, Tajani ha risposto col linguaggio della riforma e del rinnovamento, ben sapendo che il tempo stringe e che le prossime elezioni regionali saranno un primo banco di prova. Nel frattempo, prova anche a rassicurare i fedelissimi e i nostalgici: «Forza Italia non sarà mai il partito dell’anti- berlusconismo. Ma essere berlusconiani oggi significa guardare avanti, non indietro». I “colonnelli” del partito, ovviamente, si allineano e cercano di allontanare l’alone negativo che li ha avvolti dopo l’esternazione di Pier Silvio Berlusconi. Molti retroscena, infatti, si sono concentrati su un presunto fastidio del secondogenito del Cavaliere per il gruppo dei “romani” del partito compsto, oltre che dallo stesso Tajani, dai capigruppo Paolo Barelli e Maurizio Gasparri. «Il nostro», ha detto Gasparri, «è un movimento che cresce, che si allarga, che si rinnova, che si amplia e che guarda al futuro, diretto da un gruppo dirigente che ha questa esigenza di crescita e di apertura come assoluta priorità. E che la mette in pratica da mesi, giorno per giorno. Abbiamo, in questi anni», ha proseguito, «tenuto congressi provinciali e comunali. Terremo, nei prossimi mesi, congressi regionali, una vera novità per Forza Italia, sempre più un movimento di democrazia, di partecipazione, di territorio. Un movimento dove - conclude - gli iscritti votano e contano. Era quello che Tajani aveva promesso e che noi, insieme a lui, stiamo realizzando. Perché questa è la nostra scelta e la nostra proposta».