«Questa riforma non è contro i magistrati, che sono servitori dello Stato». Lo dice chiaro e tondo il vicepresidente del Consiglio, Antonio Tajani, a chi gli chiede conto della tensione che si respira tra governo e toghe, cominciata dalla presentazione della riforma della giustizia fortemente voluta dal Guardasigilli Carlo Nordio e proseguita poi con le inchieste contro la ministra del Turismo, Daniela Santanché, per la gestione delle sue aziende, contro il sottosegretario Andrea Delmastro, imputato in maniera coattiva per rivelazione del segreto d’ufficio sul caso Cospito, e contro il terzogenito del presidente del Senato Ignazio La Russa, che ha scatenato la reazione della seconda carica dello Stato.

Tutti “venti di guerra” che l’inquilina di palazzo Chigi, Giorgia Meloni, in sede di vertice Nato a Vilnius si è affrettato a placare, spiegando che «nessuno vuole tornare all’epoca dello scontro» tra magistratura e politica ma ribadendo anche che l’esecutivo porterà avanti la riforma della Giustizia, a prescindere dagli ammonimenti arrivati dall’Anm in materie come la separazione delle carriere e l’abolizione dell’abuso d’ufficio.

Concetti sottolineati ieri anche da Tajani, il quale domani sarà eletto ufficialmente presidente reggente di Forza Italia in attesa del Congresso del prossimo anno, che ha specificato alcuni punti a margine dell’assemblea di Confagricoltura a Roma. «Nessuno vuole emarginare i magistrati o fare la riforma senza ascoltarli - ha detto il ministro degli Esteri - poi sarà il compito del legislatore ascoltare tutti e legiferare». Per poi concentrarsi sulla riforma vera e propria, che «piace alla maggioranza dei magistrati». I quali non devo temere ritorsioni o attacchi da parte del governo, dal momento che «non c'è nessun intento punitivo né discriminatorio» perché «il ministro delle Giustizia non è nemico della magistratura». Ma lasciando anche aperto uno spiraglio in vista di eventuali modifiche al testo. «Il ministro della Giustizia è Nordio, quando porterà le sue proposte in commissione Giustizia e in Cdm ne parleremo», ha chiosato Tajani.

Modifiche che arriveranno di certo, con emendamenti anche dalla maggioranza. «Noi siamo coerenti da sempre sulla giustizia, quello che dicevamo nel ’ 94 lo diciamo nel 2023 - ha ricordato il coordinatore di Forza Italia - Noi vogliamo la separazione delle carriere per garantire il cittadino in modo che ci sia un giudice terzo che non sia implicato con una parte e con un’altra perché è il giudice ha fatto il pubblico ministero fino al giorno prima». Un concetto condiviso da tutto il centrodestra. «È ovvio che è abituato a parlare con i suoi colleghi, quindi il giudice fa la carriera del giudice, il pm quella della pubblica accusa e deve avere gli stessi poteri della difesa».

La palla dunque è in mano a Nordio, che in queste ore è finito al centro di un polverone per le sue parole sul concorso esterno in associazione mafiosa. «Noi non lo vogliamo eliminare - ha detto durante un evento a Roma - sappiamo benissimo che si può essere mafiosi all’interno dell’organizzazione e si può essere favoreggiatori all’esterno dell’organizzazione, ma allora va rimodulato completamente il reato, che in questo momento non esiste né come tassatività né come specificità perché non è nel codice».

Parole che hanno suscitato la reazione delle opposizioni, con Walter Verini del Pd che parla di «gravissimi segnali di indebolimento nel contrasto alle mafie» e di Libera, secondo la quale «più che pensare di rimodulare è necessario difendere il concorso esterno dagli attacchi interessati e strumentali che periodicamente si manifestano».