Si concludono oggi in Commissione giustizia della Camera le audizioni informali, in videoconferenza, nell'ambito dell'esame delle proposte di legge Enrico Costa (Azione), Pietro Pittalis (Forza Italia) e Ciro Maschio (Fratelli d’Italia), recanti “Modifica al codice penale in materia di prescrizione del reato”. In particolare saranno ascoltati Luigi Salvato, procuratore generale presso la Corte di Cassazione, Danilo Ceccarelli, viceprocuratore capo della procura europea (Eppo), Francesca Nanni, procuratore generale presso la procura di Milano, Antonio Gialanella, avvocato generale della Repubblica presso la corte d'appello di Napoli, Maurizio De Lucia, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo. Assente Giorgio Lattanzi, già presidente della Corte costituzionale e della Commissione Cartabia per la revisione del processo penale. Chiamato dal Pd, avrebbe declinato l’invito perché quello che aveva da dire lo ha già espresso nella sua Relazione, proponendo due soluzioni: «Una prima (“ipotesi A”) che, prevedendo un meccanismo di sospensione nei giudizi di impugnazione, si muove nel solco delle riforme del 2017 e del 2019, come anche del cd. lodo Conte; una seconda (“ipotesi B”) che, invece, implica una radicale, diversa, scelta di fondo: l’interruzione definitiva del corso della prescrizione con l’esercizio dell’azione penale e, da quel momento, la previsione di termini di fase – per ciascun grado del giudizio – il cui superamento comporta l’improcedibilità dell’azione penale».

La prossima settimana dovrebbe essere pronto un testo base e i relatori dovranno confrontarsi anche con il governo. Sono molte le incognite che accompagnano questa riforma. Da un lato bisognerà capire che intenzioni abbia il Guardasigilli. A febbraio, in un video messaggio inviato all’inaugurazione dell’anno giudiziario dell’Unione Camere penali, il ministro Carlo Nordio aveva detto: «Modificheremo la legge sulla prescrizione che ha introdotto l'improcedibilità». Quindi cosa diranno da via Arenula: di fermare i lavori parlamentari in attesa del ddl Nordio o di proseguite in modo da fare da apripista alla proposta governativa? Nella prima ipotesi si creerebbe, da quanto appreso da fonti parlamentari, del malcontento per i seguenti motivi. Primo: come raccontato già, Nazario Pagano, deputato di Forza Italia e presidente della Commissione Affari costituzionali di Montecitorio, pare stia subendo pressioni, da lui comunque smentite, per non mandare avanti il lavoro sulla separazione delle carriere, in attesa che sia il governo a decidere quando aprire ufficialmente il dossier, particolarmente inviso alla magistratura. Secondo: la Commissione giustizia della Camera aveva già svolto un ciclo di audizioni su abuso di ufficio, ma ora sembrerebbe confermato che il ddl Nordio, che tra le varie proposte di modifica normativa prevede l’abolizione dell’articolo 323 cp, venga incardinato inizialmente al Senato, su particolare richiesta della presidente della Commissione e responsabile giustizia della Lega Giulia Bongiorno.

Questi due scenari dovrebbero suggerire, secondo qualcuno, che i presidenti delle commissioni Affari costituzionali e Giustizia – rispettivamente Pagano di Forza Italia e Maschio di Fratelli d’Italia, pertanto entrambi di maggioranza – si imponessero maggiormente col governo affinché il lavoro svolto non vada sprecato. E che pertanto, in questo particolare caso, l'onorevole Maschio pretendesse di arrivare fino alla votazione del testo base per poi andare in Aula. Poi c’è da porsi la seguente domanda: avrà la maggioranza la capacità di tenere duro rispetto agli attacchi che verranno soprattutto sul piano mediatico? Basti guardare l’articolo di sabato scorso del Fatto Quotidiano dal titolo «Prescrizione: la nuova portata di Nordio». Questo sarà davvero il primo banco di prova del garantismo sul piano processuale della maggioranza, che può contare anche sull’appoggio del Terzo Polo. Fratelli d’Italia ci crede molto. Ricordiamo che il sottosegretario Andrea Delmastro delle Vedove disse al Foglio che «bisogna intervenire sulla prescrizione: siamo l’unico Paese al mondo che ha una prescrizione sostanziale che si interrompe dopo il primo grado di giudizio e una prescrizione processuale che scatta dall’appello. Dopo l’infausta parentesi bonafediana sarà necessario ripristinare la prescrizione come diritto sostanziale a tutela del cittadino», aggiungendo al Dubbio «non posso creare un universo concentrazionario di imputati a vita». La Lega ancora sta studiando le tre proposte ma, dopo il pentimento per aver dato vita alla Spazzacorrotti insieme al Movimento 5 Stelle, non dovrebbe mostrare tentennamenti nell’allinearsi con gli alleati di governo, a maggior ragione per aver votato, a dicembre, favorevolmente ad un odg presentato da Costa che chiedeva di ripristinare la «disciplina della prescrizione sostanziale in tutti i gradi di giudizio». Data per sicura la strenua opposizione dei pentastellati, che non vorranno vedere cancellare la riforma del loro ex ministro Alfonso Bonafede, resta l’incognita del Partito democratico. Chiamando in audizione i professori GianLuigi Gatta («abolire l’improcedibilità, in piena fase di attuazione del Pnrr, sarebbe un suicidio», ha detto ai deputati) e Mitja Gialuz, la linea dei dem dovrebbe essere quella di mantenere lo status quo. Come detto al Dubbio qualche tempo fa dal senatore Walter Verini, «la riforma del penale è stata un punto di sintesi certamente migliorabile, ma il tema, adesso, non è quello di demolire queste riforme, ma di applicarle. Una volta applicate e sperimentate, governo e Parlamento dovranno e potranno decidere ‘tagliandi' e cambiamenti che si rendessero necessari», aveva sottolineato.

Se sembra paradossale che il Pd non voglia ripristinare una legge che porta il nome di un loro esponente di spicco, bisogna in verità capire cosa voglia fare proprio Andrea Orlando che, sempre fonti parlamentari, dicono desideri aprire un dialogo, di cui non si conoscono però ancora i termini. Insomma, la matassa è abbastanza ingarbugliata, e i prossimi giorni saranno decisivi per verificare soprattutto la forza della maggioranza.