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A gettare benzina sul fuoco sul dibattito aperto in questi ultimi giorni in tema di giustizia, è arrivata ieri (non si sa se dalla Procura o dalla parte offesa) la notizia che una 22enne della Milano bene ha denunciato Lorenzo Apache La Russa, uno dei figli del presidente del Senato Ignazio La Russa, per violenza sessuale.
La ragazza ha raccontato che il 18 maggio intorno a mezzanotte era in una discoteca nel centro di Milano con un'amica e lì ha incontrato Lorenzo, che in passato era stato suo compagno di scuola. E, dopo un drink, ha riferito di non ricordare nulla di quando è successo, ma di essersi svegliata confusa e nuda nel letto del ragazzo intorno a mezzogiorno.
Alla richiesta di spiegazioni «mi disse “siamo venuti qui dopo la discoteca con la mia macchina”» e che «aveva avuto un rapporto con me sotto effetto di sostanze stupefacenti» e che un suo amico, che stava dormendo in un'altra stanza, aveva «avuto un rapporto con me a mia insaputa».
Uscita dalla casa di La Russa, ha preso l'indirizzo e ha chiamato la madre che l'ha convinta a farsi visitare alla clinica Mangiagalli dove le hanno riscontrato una ecchimosi al collo, una ferita alla coscia e positività alla cocaina che aveva assunto prima di andare in discoteca. La 22enne ha avuto nausee e capogiri. Ha presentato denuncia dopo 40 giorni. Il legale incaricato dalla famiglia La Russa, dopo aver premesso di non aver visto le carte, ha spiegato che quella notte ad avviso di Leonardo non vi fu alcuna forma di costrizione e che la ragazza era «d'accordo nel trascorrere il dopo discoteca con il mio assistito».
Non si è fatta attendere la reazione di La Russa padre: «Dopo averlo a lungo interrogato ho la certezza che mio figlio Leonardo non abbia compiuto alcun atto penalmente rilevante. Conto sulla Procura della Repubblica verso cui, nella mia lunga attività professionale ho sempre riposto fiducia, affinché faccia chiarezza con la maggiore celerità possibile per fugare ogni dubbio». Aggiunge di aver rivolto al figlio una «forte reprimenda» per «aver portato in casa nostra una ragazza con cui non aveva un rapporto consolidato» e ha dichiarato: «Non mi sento di muovergli alcun altro rimprovero».
Afferma invece di avere «molti interrogativi» sul racconto della ragazza. Al di là del merito della faccenda, sul piano politico essa convincerà la maggioranza di Governo a spingere l’acceleratore sulla riforma del segreto d'indagine. Ma se fosse stata la parte offesa a far uscire la notizia? Dovremmo rivedere la normativa sulla presunzione di innocenza, estendendo degli obblighi anche agli avvocati della presunta vittima? Il tema è delicatissimo come lo è bilanciare i diritti in gioco.