«Il criterio cardine di Dublino che finora ha penalizzato l'Italia non viene toccato: la responsabilità piena e totale del Paese di primo ingresso dei migranti». Fulvio Vassallo Paleologo, avvocato e giurista esperto di diritto d’asilo, prova ad analizzare l’accordo sui migranti, raggiunto l’8 giugno dal Consiglio degli affari interni Ue, senza le lenti della propaganda. E ciò che resta, sotto un consistente strato di dichiarazioni roboanti e qualche ritocco furbino, sono le criticità che già esponevano il nostro Paese alla solitudine davanti al fenomeno migratorio. Gli egoismi europei, provenienti soprattutto dagli alleati “orientali” di Giorgia Meloni, non sono stati accantonati.

Primo obiettivo mancato dal governo italiano: i ricollocamenti. Non ci sarà alcun meccanismo obbligatorio ma potranno avvenire solo su base volontaria. Certo, spiega Vassallo Paleologo, «sono previsti meccanismi economici di solidarietà a cui però non corrispondono meccanismi di trasferimento fisico delle persone».

L’unica vera novità è rappresentata da un tentativo di facilitare i rimpatri attraverso un esame abbreviato delle richieste di protezione. Si interviene, in altre parole, sulle procedure di frontiera per valutare rapidamente l’ammissibilità delle domando d’asilo e si indicano le caratteristiche dei paesi terzi sicuri per potere, con un contributo economico della Commissione, rispedire indietro coloro che non soddisfano i requisiti per l'accesso. «Ma in realtà è un bluff», spiega senza mezzi termini il giurista, che poi entra nel merito della questione. «Prima di tutto è un bluff perché finora nessun Paese terzo con accordi bilaterali con l'Italia ha mai accettato la riammissione di cittadini che non fossero connazionali». Ed è proprio questo il motivo per cui domenica Meloni volerà per la seconda volta in una settimana a Tunisi, insieme alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen e al primo ministro olandese Mark Rutte. Obiettivo: ottenere la cooperazione del presidente Kais Saied in tema di rimpatri. «Vedremo se riusciranno a strappare qualche concessione da Saied, ma mi pare abbastanza improbabile che in questo momento il presidente tunisino, che sta espellendo subsahariani a tutto spiano, ne accetti un certo quantitativo dall'Italia», dice ancora Vassallo Paleologo.

Ma il bluff europeo, accolto con discreto entusiasmo a Roma, secondo il giurista non sarebbe limitato a questo aspetto. Perché la propaganda è un conto e il diritto un altro. E provenire da un Paese terzo sicuro non equivale a un’automatica espulsione, perché fortunatamente le norme internazionali e italiane per il diritto d'asilo offrono comunque la possibilità a chiunque di far valere la propria istanza di protezione anche se si arriva da un paese terzo sicuro. «È soltanto un onere della prova in più che incombe su un richiedente asilo», secondo Vassallo Paleologo, «sempre che questi abbia occasione di difendersi e non venga preso di peso come un oggetto e riportato in Tunisia o in Libia su una motovedetta o su un aereo».

E poi c’è il tema delle “connessioni” da aggiungere alla voce “fallimenti” delle proposte italiane. Si tratta della possibilità di rimpatriare un migrante non nel Paese d’appartenenza ma in quello di transito (con cui dovrebbe avere stabilito delle connessioni) qualora la sua domanda d’asilo venisse rigettata. Per il governo italiano, il transito in sé sarebbe bastato a dimostrare l’esistenza di connessioni, di legami, tra il richiedente asilo e lo Stato verso cui rimpatriare la persona. «Ma la versione dell'accordo pubblicata dal Consiglio cancella di netto il concetto di “transito” e ripristina criteri molto stringenti per poter riconoscere una “connessione” con un Paese terzo: legami familiari, scuola, lavoro e via dicendo. Non basta il transito in sé», commenta il giurista. Che infine mette in luce l’ultimo aspetto non scalfito dall’accordo europeo (che ancora dovrà essere modificato e ratificato dal Parlamento): i rimpatri. «Il regolamento dei rimpatri non viene toccato, anche perché sarebbe complicato farlo in tempi brevi, perché ci sarebbe da rimetter mano a tanti strumenti normativi già esistenti e in vigore, come Shengen, che prevede per i respingimenti forme precise e di garanzia per coloro che subiscono respingimenti». Il sistema, per fortuna, è garantista. Tanto rumore per nulla.