«L'abrogazione dell'abuso d'ufficio non è una riforma targata centrodestra, ma “targata Italia”. Quel reato ha fatto registrare il 93% di assoluzioni, proscioglimenti e archiviazioni. Questo vuol dire che nel 93% dei casi chi è stato coinvolto ha visto, nel finale, un provvedimento di estraneità rispetto ai fatti. Un reato con questi numeri non può continuare ad imperversare , soprattutto in un Paese come il nostro in cui la pendenza del processo è già di per sé una condanna». Così a Sky Tg24 il vice ministro alla Giustizia e senatore di Forza Italia Francesco Paolo Sisto.

«Pensiamo al pubblico amministratore - prosegue Sisto - che ,sottoposto per due o tre anni al "calvario" giudiziario, è poi nella stragrande maggioranza dei casi assolto, prosciolto o archiviato: magari è già stato costretto a dimettersi o non ha potuto ricandidarsi perché additato come una sorta di “peccatore”. E poi c'è il cittadino, che , in questo contesto, subisce una pubblica amministrazione praticamente paralizzata dalla paura dell'atto lecito. La burocrazia difensiva blocca così i flussi virtuosi della pubblica amministrazione, rallentando sensibilmente la risposta alle legittime richieste dei cittadini. Tanto ci porta a dire , e con chiarezza ,che la terapia penale relativa a questo reato non funziona».

Quanto al divieto di trascrivere nelle comunicazioni intercettate dati che consentono di identificare soggetti diversi dalle parti, Sisto ha osservato: «Ai sensi dell'articolo 21 della Costituzione, il diritto di cronaca giudiziaria deve riguardare fatti e informazioni pertinenti al reato. Un terzo estraneo, che non ha alcuna parentela con il crimine, ha così pieno titolo a non vedere il suo nome pubblicato. D'altronde, il Pm mantiene saldamente tutti gli elementi e gli strumenti utili all'indagine; sicché non c'è nessuna ragione per divulgare il nome di un terzo estraneo alla vicenda penale. Interverremo anche nei colloqui tra indagato e difensore: se non siamo di fronte al corpo del reato, l'intercettazione va sospesa, nel rispetto del diritto di difesa. L'obiettivo è tutelare i principi costituzionali. Il processo penale non può e non deve più essere una scimitarra mediatica in grado di colpire indistintamente tutti».