Piaccia o no, è un fatto che Forza Italia era e resta, anche in queste ore difficili di apprensione - ma non di allarme - per la salute di Silvio Berlusconi, un partito “liquido”, seppur dotato di organismi dirigenti, e leaderistico. Non a caso il Cav ha definito sempre i suoi azzurri (“missionari di libertà”) un “movimento”. Il partito, insomma, all’americana, seppur senza primarie, in Italia lo ha inventato lui.Quindi niente da stupirsi se l’illustre paziente, ricoverato al sesto piano del S. Raffaele di Milano, in attesa di una importante operazione al cuore (sostituzione della valvola aortica) che il professor Alberto Zangrillo annuncia entro il prossimo mercoledì, anche in queste ore continui a esercitare la sua leadership. E che, anche ottimista come è il leader “dal sole in tasca”, mandi a dire, attraverso la portavoce e deputata Deborah Bergamini, che di “direttorio” non si parla proprio.Che questa è un’ipotesi «totalmente fantasiosa e priva di fondamento». Tradotto: di successione al leader azzurro e tre volte premier non si parla affatto. Del resto, lui stesso, l’illustre paziente dell’edificio Diamante, nel primo pomeriggio di ieri ha di fatto ripreso a lavorare (per la “felicità” di Zangrillo e della sua équipe) per ribadire: «Forza Italia è pienamente operativa anche in mia assenza è pienamente operativa nei suoi organismi nazionali e periferici ed è perfettamente in grado di lavorare anche in questi giorni di mia forzata assenza». Appunto di “giorni” si tratta, quindi nessun ritiro dalla politica. E ancora: l’invito ad andare a votare ai ballottaggi, è accompagnato da una significativa premessa: «Seguo da qui le vicende politiche in vista del 19 giugno».Messaggio chiaro: appena rimessomi tornerò in campo. Non sarà, come hanno spiegato i medici esattamente una passeggiata la sua operazione al cuore. Ma non vi è dubbio che il Cav ha subito fatto tesoro del bicchiere mezzo pieno, anziché per lui mezzo vuoto, illustrato da Zangrillo. E cioè che dopo un mese di riabilitazione «potrà tornare a fare ciò che vuole, anche se io gli ho sconsigliato da tempo di fare il leader».Bergamini giornalista plurilingue, formatasi a Londra, portavoce e da sempre deputata fidatissima del Cav, sottolinea che certe «fantasiose ricostruzioni sono volte a creare confusione tra noi». Ma è chiaro che la “colpa” non può essere solo e sempre dei giornalisti che hanno scritto di “direttorio”. E’ un fatto che da mesi ormai è in atto una guerra, non solo sotterranea, dentro FI, che ha già subìto molte fuoriuscite, per la riconferma dei seggi parlamentari ma soprattutto per quella successione che Berlusconi stesso ieri ha smentito.Ma soprattutto a far tremare gli azzurri decorati da incarichi è la volontà da parte del Cav (che la ha loro sbattuta più volte in faccia) di fare una nuova FI, un nuovo movimento di moderati, con “uomini del fare”. Non è un caso che ieri anche Stefano Parisi (il simbolo di “quegli uomini del fare” e della riscossa di Fi che a Milano ha portato al ballottaggio il centrodestra) abbia dovuto smentire che non sarà lui il successore. Fonti di rango azzurre spiegano a Il Dubbio che non lo sarà neppure la figlia Marina: «Non ci pensa neppure». Al momento ci sono solo due persone, alle quali Berlusconi ha chiesto di tenere in mano, in settori diversi, le redini della situazione: l’amico di una vita, da sempre suo braccio destro Gianni Letta, detto “il dottor Letta”, chiamato a rafforzare in assenza del leader la rete dei rapporti istituzionali che ha sempre tenuto; e il senatore azzurro Niccolò Ghedini, avvocato del Cav chiamato ovviamente a seguire in modo ancora più vigile il rosario di vicende giudiziarie che accompagna da più di vent’anni, dalla sua discesa in campo, l’avventura politica di uno degli imprenditori più ricchi del mondo. Facile immaginare che Berlusconi e la sua fidata portavoce non abbiano apprezzato le incaute dichiarazioni di qualche parlamentare che a domanda ha risposto: «Dopo Silvio, viene Mariastella Gelmini”» E facile immaginare anche che non lo abbia apprezzato neppure la diretta interessata ex ministro della Pubblica Istruzione, che ha fatto il pieno di preferenze a Milano (oltre 6000). Accanto a lui, oltre ai familiari in queste ore si alternano solo i più stretti collaboratori (Letta è andato a trovarlo l’altro ieri) compreso naturalmente il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri. Letta e Confalonieri sono gli amici di una vita, così protettivi che se fosse stato per loro, Berlusconi non sarebbe neppure disceso in campo nel 1994. Denis Verdini, ex coordinatore azzurro e ora fondatore di Ala, non è stato ammesso al sesto piano dell’edificio Diamante. Ma, spiegano a Il Dubbio, fonti azzurre che «non è stato per scortesia, tant’è che il presidente e Denis poi si sono sentiti al telefono». Scortesia no nei confronti di Denis, ma rispetto delle alleanze. Bergamini ha annunciato: «Matteo Salvini è il benvenuto», Intanto, Berlusconi dice: «Mi affido a Dio». Cosa che ha scatenato subito la facile ironia di alcuni avversari del tipo: «Vuole i voti cattolici». In realtà, il Cav è credente da sempre e, dicono i suoi, «quando può va a Messa». Quanto agli avversari, a parte quelli che gli hanno fatto pubblici auguri, a cominciare da Matteo Renzi e Lorenzo Guerini, fonti azzurre dicono che ce ne sono in via privata una valanga, anche alcuni inaspettati. A parte naturalmente quelli pubblici del Nobel Dario Fo. Che ha fatto auguri, senza se e senza ma. «Chapeau, nepure i fuoriusciti da FI hanno avuto la stessa eleganza di Fo», dicono i fedelissimi del Cav.