Secondo Giovanni Guzzetta, professore di Diritto costituzionale a Tor Vergata, dopo l’introduzione dell’obbligo vaccinale per gli over 50 «non si può dire che la presenza di più disposizioni sia censurabile dal punto di vista giuridico, ma se la complessità delle norme arriva a un punto in cui si raggiunge l’entropia e la confusione totale, si rischia l’inefficacia».

Professor Guzzetta, qual è il suo parere sull’introduzione dell’obbligo vaccinale per gli over 50?

Dobbiamo fare una premessa: stiamo parlando di misure annunciate ma in questa materia è fondamentale il dettaglio. Dobbiamo dunque attendere il decreto legge nella sua definizione per poterne verificare le peculiarità. Detto ciò, la discussione sull’obbligo non riguarda tanto il sé, perché secondo la giurisprudenza della Corte è consentito, ma il come, perché la Corte ha più volte detto che un provvedimento del genere non è privo di vincoli.

Vogliamo ricordarli?

In primo luogo dobbiamo verificare che sia ragionevole e proporzionato rispetto alla situazione epidemiologica attuale e alle conoscenze scientifiche. A questo proposito, il fatto che la scelta del Consiglio dei ministri  sia stata un compromesso politico richiederà di verificare se quel compromesso sia ragionevole sulla base dei parametri appena elencati. Quanto più è articolato il sistema delle misure, e oggettivamente allo stato lo è e molto, tanto più su ciascuna di queste varianti bisognerà verificare in concreto se il provvedimento rispetta la proporzionalità e la ragionevolezza richieste dalla Costituzione.

A chi spetterà verificare la coerenza con tali requisiti?

Il controllo lo farà il Parlamento, visto che entro 60 giorni deve convertire in legge il decreto, pena la sua decadenza, e poi in ultima istanza la Corte costituzionale, qualora la questione arrivasse al suo esame.

L’assiduo ripetersi di decreti legge potrebbe finire per creare confusione nei cittadini?

Certamente c’è un problema di certezza per i cittadini. Ma è chiaro che l’esigenza di certezza è da commisurare alla gravità della situazione. Il fatto che ci siano molte misure differenziate non è un problema di diritto, ma pratico. Più si riesce a semplificare e meglio è ma siamo comunque nell’ambito di valutazioni pragmatiche. Non si può dire che la presenza di più disposizioni sia censurabile dal punto di vista giuridico, ma se la complessità delle norme arriva a un punto in cui si raggiunge l’entropia e la confusione totale, si rischia l’inefficacia.

Non crede siamo già arrivati a tale punto?

Occorre considerare che la stessa Corte costituzionale richiede al legislatore di rivedere i provvedimenti. È fisiologico e quasi dovuto, dal momento che parliamo di scelte che riguardano la proporzione tra diritti individuali e norme a difesa della comunità. Inoltre la previsione, ad esempio, che l’entrata in vigore del super green pass per i lavoratori sia spostata nel tempo, cioè al 15 febbraio, risponde all’esigenza di consentire ai cittadini di orientarsi. Esiste un problema di comprensione, e perfino noi addetti ai lavori scopriamo ogni tanto norme che non conoscevamo, nascoste in qualche decreto legge. Si deve fare tutti uno sforzo, cercando di prevedere delle specie di atti unici che raggruppino le varie misure assunte dai diversi decreti legge.

Pensa che superato il muro dell’introduzione, si andrà verso un obbligo vaccinale esteso a tutte le fasce d’età?

Astrattamente è possibile. Che ci si arrivi dipende da ciò che dicevo poco fa. La scelta di limitare l’obbligo ad alcune categorie per età o professione è una scelta politica. Non le so dire perché sia stato scelto il limite degli over 50, ma so che il Cdm si è diviso tra posizioni diverse, e quella degli over 50 sembrerebbe essere stata una soluzione di compromesso. Che questo sia ragionevole rispetto ai parametri di cui sopra è tutto da verificare.

La scelta del governo italiano potrebbe essere seguita da altri grandi paesi europei?

Non è da escludere. Mi pare di avere compreso che alcuni paesi già lo stiano valutando. Un problema che secondo me si porrà è l’insieme delle conseguenze dell’obbligo riguardo alle scelte individuali. Noi quando ci vacciniamo dobbiamo esprimere il consenso informato. Quando la vaccinazione diventa obbligatoria il consenso rischia di non avere più senso, perché l’obbligo non presuppone più una libertà di scelta. Diventa un trattamento sanitario obbligatorio riguardo al quale il cittadino non è chiamato a dare il proprio consenso.

Una volta introdotto l’obbligo si parla anche della necessità di indennizzi da parte dello Stato per eventuali effetti avversi.

La Corte costituzionale ha già detto che lo Stato deve provvedere a degli indennizzi, quando l’obbligo vaccinale risulti adottato sulla base di valutazione discutibili. Ora quindi si apre un fronte problematico, strettamente giuridico, che riguarda gli effetti su una scelta che non è più libera.

Si parla di una sanzione di 100 euro per i no vax. La convince?

Gli obblighi si possono imporre anche senza una sanzione, ma anche qui è una questione di ponderazione, e bisogna capire in concreto quale sanzione verrà applicata. Quanto più la sanzione è pesante tanto più l’obbligo è stringente, e ricordo che in alcuni paesi erano previste sanzioni anche penali per chi rifiutava l’obbligo.

Si poteva arrivare prima all’introduzione dell’obbligo?

Questo aspetto attiene alla discrezionalità e alla valutazione di ragionevolezza del legislatore. La facoltà e la raccomandazione dell’obbligo vaccinale sono scelte possibili in relazione alle esigenze che si vogliono tutelare. Il nostro governo ha ritenuto di scegliere una strada graduale e la scelta di per sé non è criticabile. Si tratta di verificare sul piano degli effetti se queste misure siano tempestive o no, ma a quel punto entriamo in una valutazione di ordine politico, più che costituzionale.