A Palazzo Madama sembra di trovare una perfetta proiezione parlamentare del concetto di Balcani. Una maggioranza vera non c'è, o meglio c'è solo quando alcune piccole componenti vogliono si manifesti. La golden share è nelle mani di un gruppo, quello di Ala, e in materia di giustizia di un senatore in particolare, Ciro Falanga. Che si definisce così: «Un indisciplinato». Traduce lui stesso: «Do voto favorevole solo ai provvedimenti che mi convincono. Il decreto che proroga il trattenimento in servizio per i vertici della Cassazione mi convince». Altri meno: per esempio il ddl che riforma il processo penale. «Capisco di poter dare sui nervi», prosegue Falanga, «io avevo pure provato a suggerire vie d'uscita, per la riforma del processo, ma con quelle norme che allungano a dismisura la prescrizione non me la sento: voterò contro l'intero ddl». Ecco, nelle dichiarazioni del senatore di Ala, raccolte dal Dubbio in una pausa dei lavori in commissione Giustizia, sembrerebbe esserci il futuro prossimo di Palazzo Madama. Via libera al decreto Cassazione, da domani o, se si corre, da oggi pomeriggio in Aula, ma rinvio che pare sempre più inevitabile per la riforma penale. Dovrebbe essere così. Dovrebbe. Perché il provvedimento d'urgenza che ritarda il congedo per i direttivi delle Alte Corti (Cassazione ma anche Consiglio di stato, Corte dei Conti e Avvocatura dello Stato) procede verso l'Aula gravato da un pregiudizio enorme: il parere "critico" della commissione Affari costituzionali. Un caveat arrivato la scorsa settimana all'unanimità e messo per iscritto da Doris Lo Moro, senatrice dem e magistrato calabrese. Vi si leggono considerazioni diametralmente opposte a quelle uscite due settimane fa dalla Affari costituzionali di Montecitorio, che aveva promosso il decreto. La commissione presieduta da Anna Finnocchiaro ha curiosamente raggiunto conclusioni diverse. Con un documento, pur non ostativo, che segnala «discriminazioni arbitrarie e ingiustificate» per i numerosi magistrati che non beneficeranno della proroga nonostante rientrino nella stessa fascia d'età dei destinatari. Tra questi ultimi, presidente e pg di Cassazione, Giovanni Canzio e Pasquale Ciccolo. Incidente misterioso. Perché una cosa è certa: il premier segretario Renzi tiene molto al provvedimento, ancor più del guardasigilli Orlando. Ed è incomprensibile, almeno a un primo sguardo, l'autogol in cui è inciampato il Pd con quei dubbi insinuati da Lo Moro. Appena il testo lascerà la commissione Giustizia e approderà di filato in Aula, andrà subito ai voti una pregiudiziale di costituzionalità dei cinquestelle. E poter dire che a vacillare sulla costituzionalità del decreto è proprio il partito di maggioranza, sarà un ottimo punto a favore dei grillini. Stranezze da fine corsa per un'istituzione che la riforma costituzionale dovrebbe di fatto archiviare. Stranezze legate anche al referendum che su quella riforma apporrà il sigillo: è come se il Pd si fosse precostituito l'alibi per un eventuale no dell'Aula al decreto. L'ipotesi non può essere del tutto esclusa. Anche se il sì del senatore Falanga è un balsamo. «Poco fa in commissione ho fatto notare che insieme ai profili di criticità il provvedimento sulla Cassazione ne ha altri positivi. E che, in sintesi, la specificità delle figure a cui è destinata la proroga corrisponde a una circostanza eccezionale qual è l'eccessivo carico sofferto dalla Suprema corte. Eccezionalità», spiega Falanga, «che a me sembra fare agio sugli elementi di non non certissima costituzionalità». Il parlamentare campano conferma di essere un punto di riferimento, in materia di giustizia, tra i senatori del gruppo di Denis Verdini: «In genere condividono le mie posizioni e accolgono i miei giudizi. Riguardo alla riforma penale la mia idea è chiara: con la prescrizione così come definita nel testo attuale non me la sento di dire sì. Né alla norma sui tempi del processo né al ddl nel suo insieme». E così faranno, probabilmente, gli altri 17 senatori della decisiva pattuglia verdiniana. Il destino al Senato sembra già scritto. E in particolare quello del decreto Cassazione pare protetto dalla sottile, rivelatrice astuzia prognostica di Falanga: «Sì, può darsi pure che i magistrati esclusi impugnino l'articolo 5 del decreto, quello che proroga i pensionamenti per la Cassazione: ma i giudici costituzionali si pronuncerebbero quando i pochi destinatari avranno già trascorso in servizio il loro anno in più. Perché mai dovremmo temere che questa proroga salti?... ».