«Corri, che c'è la commissione bilancio!», «Macché, è stata sconvocata», «Ma non l'avevano riconvocata?», «Sì, ma è stata sconvocata di nuovo. L'emendamento non c'è». E giù di corsa a fare gli ultimi regali, oppure a impacchettarli negli studi, studiano con cura gli orari per i tradizionali brindisi, vedi mai ' convocassero' proprio in quel momento. Negli annali della Repubblica, prima, seconda o terza poco importa, una situazione simile non si era mai vista. Si dice infatti ' maxiemendamento' ma s'intende in realtà la legge di bilancio, dovendo il maxi in questione scriverla o riscriverla per intero. Solo che a pochi giorni dall'ora X, quella in cui, tra un botto di capodanno e l'altro scatterebbe, alle 24 del 31 dicembre, l'esercizio provvisorio, il testo della legge più importante in assoluto ancora non c'è. Da giorni viene annunciata a minuti, poi però non arriva niente: «Sconvocataaaa!».

Impossibile fare di meglio: c'è la trattativa con l'Europa in corso. Della quale, peraltro, il Parlamento sa solo quello si legge sui giornali, peccato che le notizie siano da prendersi con le pinze e spesso contraddittorie. Per il resto buio più assoluto. Il Senato, in uno dei momenti più delicati degli storia italiana recente, è una spettrale teoria di corridoi e saloni vuoti, nei quali si aggirano solo, smarriti, i senatori in cerca d'autore, o di emendamentone che dir si voglia.

Il senso del momento, in fondo, sta tutto in quella drastica conversione a U della macchina del ministro dell'Economia Tria che, arrivato a un passo dal salone in cui si accingeva a presentare un libro è stato richiamato di corsa palazzo Chigi per cercare di mettere una pezza all'ennesimo duello con la Ue. Lui è di quelli convocati a getto in continuo.

Quanto il caos in questione leda profondamente il corretto funzionamento della democrazia parlamentare lo dicono i nudi fatti, senza necessitare di commenti. La Camera ha approvato con la fiducia una legge di bilancio esplicitamente finta essendo l'elemento centrale, cioè i saldi, superato per affermazione dell'intero governo, nessuno escluso. Alla commissione di Bilancio del Senato viene quindi recapitata una scatola vuota, in attesa che arrivi il vero pacchetto. Inizia così la giostra di sconvocazioni e riconvocazioni ma il testo fantasma resta uno spettro mentre si avvicina la data fissata per l'approdo in aula, martedì scorso.

Domenica notte il governo si convince di aver quadrato il cerchio ma decide di dribblare il voto parlamentare. Fa sapere che il famoso emendamentone arriverà direttamente in aula nel giorno stabilito e sarà poi votato direttamente con la fiducia. Le opposizioni insorgono e il governo ci ripensa: promette di far pervenire il maxi in commissione martedì mattina posticipando l'aula a venerdì 21. Putroppo peccava d'ottimismo. L'Europa non ha accettato la proposta partorita domenica notte. Tutto da rifare: sconvocati. Si profila così di nuovo il rischio che la manovra sia portata direttamente in aula venerdì e votata praticamente a scatola chiusa. Ma anche se così non fosse, la commissione Bilancio sarebbe costretta a leggere, analizzare e subemendare un testo per definizione complesso, nel quale i particolari sono spesso l'essenziale, a passo di carica. Il testo votato la buio tornerà poi alla Camera col fiato sul collo e sarà votato per la terza volta, sempre con la fiducia e sempre senza che i votanti sappiano cosa stanno votando.

Il quadro potrebbe peggiorare. E' possibile e anzi probabile che la commissione europea riunita oggi rinvii in qualche modo la decisione finale sull'eventuale avvio della procedura d'infrazione. Se così fosse, il parlamento voterebbe una manovra di cui non conosce i contenuti e che entrerebbe in vigore sotto una specie di sorveglianza a vista che potrebbe in qualsiasi momento portare alla revoca di alcuni dei suoi contenuti. Se si considera che sia quota 100 che il reddito di cittadinanza promettevano già nella versione iniziale di esser non poco confusi, dovendo comunque stiracchiare una cifra insufficiente, e che dopo la retromarcia delle ultime settimane il fondo si è fatto anche più esiguo a fronte di platee e cifre ufficialmente non modificate si può concludere che la situazione non sarà affatto limpida.

Questa situazione surreale è in parte conseguenza di una ambiguità non risolta. Il governo italiano aveva scritto il Def, il documento che contiene i saldi e sul quale si basa la legge di bilancio, con l'intenzione di cambiare strada rispetto alla logica della commissione, sin qui accettata da tutti e anche dall'Italia, secondo cui la riduzione del deficit strutturale, indicato dal deficit al netto delle spese o delle entrate una tantum oppure eccezionali, è la bussola da seguire in ogni caso senza mai deflettere. La manovra italiana, invece, accettava un aumento del deficit strutturale nella convinzione che questo avrebbe aumentato il Pil l'anno prossimo. Poi, messo con le spalle al muro dalla minaccia di una pesantissima procedura d'infrazione, il governo di Roma ha accettato di trattare nella logica della commissione, senza però rinunciare alla propria. Ma due strade opposte allo stesso tempo non si possono seguire. Altrimenti si finisce, come sta succedendo al Senato, nel pantano. O forse nelle sabbie mobili.