Va bene, l’opposizione c’è poco e quando c’è si fa danno da sola, come quando reclama la procedura d’infrazione contro l’Italia, roba da non credersi, o come quando Conte rompe con il genovese Beppe Grillo proprio alla vigilia delle regionali in Liguria e saranno pure solo un paio di punti percentuali quelli che ancora guardano all’elevato ma quando sei testa a testa contano pure quelli. Comunque sia non è una buona ragione perché la maggioranza supplica facendosi opposizione da sola pure lei. Invece capita. È capitato con l’increscioso caso Giuli. Rischia di capitare di nuovo se le elezioni di domani come la premier si augura e un po’ prevede anche se per scaramanzia, parola sua, non lo dice. In altri termini la maggioranza più che un campo ora largo ora stretto come un elastico deve guardarsi dai propri nervi, dal rischio sempre incombente di cedere al panico.

Il ministro Giuli vissuto come “corpo estraneo”

Va da sé che nuove dimissioni del ministro della Cultura nel giro di un paio di mesi sarebbero nefaste. Un disastro. A costruire il caso però è stata FdI facendosi prendere la mano dal nervosismo dopo l’annuncio di Sigfrido Ranucci di una bomba già innescata per la trasmissione di domani. Gli annunci di Ranucci, e non solo suoi, andrebbero sempre presi con beneficio di inventario. Il caso Spano, in sé, era una bolla d’acqua. Ministro e premier avrebbero potuto difendere senza sforzo il capo di gabinetto dall’accusa di conflitto di interesse per aver non messo sotto contratto ma confermato il marito Marco Carnabuci al MAXXI. Non lo hanno saputo fare in parte per la levata di scudi del partito contro il “corpo estraneo” Spano ma anche contro un Giuli vissuto anche lui come corpo quasi estraneo perché troppo indipendente. Però non lo hanno saputo fare soprattutto perché di fronte al minaccioso annuncio del conduttore di Report un po’ tutti, premier inclusa, hanno perso il controllo dei nervi. Così le cose si sono messe in modo tale che se domani il programma di Raitre tirerà fuori materiale anche solo non del tutto evanescente la crisi di nervi sarà a un passo con conseguenze sull’immagine del governo facilmente prevedibili.

In Liguria vale lo stesso ragionamento. Un mese fa nei corridoi del Nazareno la vittoria veniva data se non proprio per certa per probabilissima. Il guaio giudiziario che aveva portato alle dimissioni di Toti era già un macigno di per sé, il governatore

dimissionario ha peggiorato la situazione patteggiando, cioè ammettendo le sue responsabilità.

Tenendo conto della sua vittoria di misura nelle elezioni precedenti i giochi parevano fatti e il Pd puntava sul 3 a 0 nelle tre elezioni regionali in calendario da qui alla fine dell’anno, Liguria, Umbria ed Emilia.

Il Pd teme la vittoria della destra in Liguria e Umbria

Le cose sono cambiate rapidamente. Oggi in quegli stessi corridoi si confessa apertamente di temere il 2 a 1, con la vittoria della destra in Liguria e Umbria. Ma proprio il testa a testa renderebbe più traumatizzante per la coalizione di maggioranza l’eventuale sconfitta soprattutto in Liguria. In una situazione resa già molto tesa dallo scacco sul modello Albania, tutt’altro che risolto né in Italia né in Europa, e persino da un episodio in sé molto minore come il caso Giuli, la sconfitta in Liguria potrebbe fare esplodere quelle tensioni trasformandole in una disastrosa guerriglia continua tra i partiti della maggioranza: non solo tra Fi e la Lega ma anche tra FdI e una Lega che stando agli ultimi sondaggi sta recuperando terreno.

Anche in caso di vittoria del centrosinistra senza una coalizione e una proposta politica delineata la destra è favorita per le politiche 

Il centrosinistra, in compenso, uscirebbe galvanizzato dalla vittoria. Anche troppo. La conquista di una o due regioni governate dalla destra come Liguria e Umbria sarebbe certo significativa ma tutti i sondaggi e tutti gli indicatori dicono senza margine di dubbio che oggi la destra tornerebbe a vincere abbastanza comodamente le elezioni politiche. Senza una coalizione dai contorni ben delineati e una proposta politica comune definita sarà così anche in futuro, comunque vadano le regionali di questo e anche del prossimo anno.

Se invece il centrosinistra sarà sconfitto in Liguria, partendo da condizioni ottimali, si dovrebbe aprire un processo di ripensamento che non dovrebbe limitarsi alla formula ormai rituale alla quale ricorre sempre la segretaria del Pd: «Resto testardamente unitaria». Per costruire una coalizione e per offrire una proposta politica, comunque vadano le cose domani in Liguria, ci vuole qualcosa di più.