Una tempesta in un bicchier d’acqua. Ha usato questa metafora il leader di Noi Moderati Maurizio Lupi per spiegare quanto accaduto ieri in Aula sul dl Elezioni, approvato con 79 sì, 39 no e 6 astenuti.

Ma forse sarebbe meglio parlare di una ritirata con perdite, almeno da parte della Lega, che si è vista bocciare con 112 voti contrari, 26 favorevoli 3 astenuti l’emendamento sul terzo mandato, al quale il governo, per bocca del relatore Alberto Balboni di Fd’I, aveva espresso parere negativo.

A quel punto il Carroccio, per evitare una Caporetto su tutti i fronti, ha accolto l’invito del governo a trasformare in ordine del giorno l’altro emendamento che i leghisti avevano messo sul piatto a metà giornata, sfidando alleati e opposizione. Cioè quello che chiedeva di eliminare il ballottaggio alle comunali nel caso uno dei candidati superi il 40% al primo turno. «Raccogliamo l’invito alla trasformazione in ordine del giorno - ha detto il capogruppo della Lega in Senato, Massimiliano Romeo - Su questo tema possiamo comprendere anche che a due mesi dal voto modificare la norma sia magari non corretto e ci vuole più tempo, ci può stare, ma per noi era importante porre la questione». Insomma, abbiamo scherzato. L’ordine del giorno è poi stato ovviamente approvato, ma Romeo ha voluto mettere le cose in chiaro. «Ho sentito che ha creato un po’ di subbuglio tra alcuni partiti dell’opposizione, vorrei dire che tutto sommato aiuta le aggregazioni quindi viene incontro al campo largo, non dovreste essere così arrabbiati - ha aggiunto infatti l’esponente del Carroccio - Stavolta è diventato ordine del giorno, la prossima - lo diciamo al governo - lotteremo fino alla fine e lo metteremo ai voti».

La prossima volta, ma intanto Giorgia Meloni ha incassato una doppia vittoria mentre Matteo Salvini, che nelle stesse ore era alla Camera a parlare del Ponte sullo Stretto, ne esce sconfitto. D’altronde, l’emendamento leghista aveva ricevuto solo no nelle ore precedenti al voto, da quello dell’Anci, che chiedeva di «non stravolgere il ballottaggio senza discutere con i Comuni» e quindi di ritirare la proposta, a quello scontato del Pd, che con la segretaria Elly Schlein aveva parlato di «sfregio alla democrazia». Già il capogruppo dem in Affari costituzionali Dario Parrini si era augurato «che il governo dia parere contrario» perché «si tratta di un colpo di mano senza precedenti».

In Aula dai banchi delle opposizioni si denuncia il modo di agire del Carroccio «alla chetichella», come farebbero, attacca la senatrice M5S Alessandra Maiorino, «le opposizioni di quart’ordine». Tra FdI e Lega prova a inserirsi Forza Italia, per cercare in qualche modo di riportare il sereno, ma schierandosi di fatto con via Bellerio. È il capogruppo a palazzo Madama Maurizio Gasparri a prendere la parola ringraziando Romeo «per aver accolto l’invito a ritirare l’emendamento sui ballottaggi e averlo trasformato in un ordine del giorno». Gasparri poi si dice «certo che questa modifica sarà approvata» e dicendosi favorevole alla proposta del Carroccio. «Ritengo che sia assolutamente legittimo non prevedere i ballottaggi se una coalizione ha superato il 40% - aggiunge l’esponente azzurro - Non si tratta di un’alterazione della democrazia, come sostiene il presidente dell’Anci che, da un lato, non vuole l’abolizione del ballottaggio, ma dall’altro chiede il terzo mandato per se stesso: condivido la posizione del senatore Romeo su un tema che Forza Italia aveva già proposto in passato con un emendamento del senatore Paroli e sono certo che tutta la maggioranza sia d’accordo».

Decide per l’astensione Azione. «I primi a non credere nel terzo mandato per i governatori sono gli esponenti di maggioranza che hanno trasformato un tema serio in una resa dei conti interna - ha detto in Aula MariaStella Gelmini - Come Azione, abbiamo deciso di non partecipare a questa contesa con il nostro voto: non vogliamo limitare l’elettorato passivo in un tempo di scarsa partecipazione al voto, ma se si vuole introdurre il terzo mandato per cariche monocratiche bisognava rafforzare le prerogative e il funzionamento delle assemblee elettive dei consigli regionali, la maggioranza invece ha fatto finta di trattare un tema importante come questo, senza in realtà averci mai creduto veramente».

Astenuta anche Iv, per la quale si espone la senatrice Dafne Musolino. «L’unico risultato importante di questo decreto, di cui noi parlamentari ci prendiamo il merito, è di avere finalmente introdotto le norme he consentono il voto agli studenti fuori sede - dice Musolini - È un merito del senato, non del governo, che non l’aveva previsto: c’è rammarico per non aver fatto altrettanto con chi si trova fuori della sua regione per lavoro o perché sottoposto a cure, cosa che penalizza soprattutto gli elettori del Sud Italia. Solo per questo ci asteniamo». Il testo passa, ora, all’esame della Camera, e deve essere convertito in legge, pena la decadenza, entro il prossimo 29 marzo.