DISTANZE TRA CONTE E LETTA

Da un lato i sostenitori “senza se e senza” ma dell’invio di armi all’Ucraina, dall’altro i paladini della via diplomatica per far cessare le ostilità. La campagna elettorale è finita un pezzo ma le lacerazioni all’interno del centro sinistra non sembrano destinate a ridursi. Così da una parte si schierano quasi tutto il Pd e il Terzo polo, convinti della necessità di non abbassare la testa davanti all’aggressione di Putin, dall’altra il Movimento 5 Stelle e gli alleati di Enrico Letta alle elezioni ( Articolo 1 e Sinistra italiana) pronti a scendere in piazza per la pace, accogliendo l’invito lanciato da Giuseppe Conte. Sullo sfondo, la competizione a sinistra tra il segretario dem uscente e l’avvocato di Volturara Appula che il 22 settembre sarà “ospite d’onore” di un’assemblea indetta da Stefano Fassina e Loredana De Petris per provare a costruire un nuovo polo progressista.

E la guerra si trasforma in una prova di forza tra le parti. «Siamo al fianco del popolo ucraino», scrive Enrico Letta sui social network mentre le bombe russe cadono su Kiev, aggiungendo un hashtag eloquente: «Stop al terrore di Putin». E su questa linea si schiera buona parte del partito. Non tutto, in realtà. Il governatore campano Vincenzo De Luca, ad esempio, ha assunto nelle ultime settimane posizioni critiche nei confronti della Nato e di Zelensky, fino a organizzare una “contromanifestazione” pacifista per fine ottobre.

Mentre l’ex ministro Graziano Delrio chiede «a gran voce un’azione degli organismi internazionali per il cessate il fuoco e l’apertura di un negoziato», insieme alla sinistra interna.

«Condanniamo con forza l’azione della Russia, gli attacchi e i missili sulle città, la morte e la devastazione fra i civili», dice dal canto suo Conte, convinto però dell’urgenza «che l’Europa prenda in mano la situazione per fermare questa follia fatta di attacchi, vendette, azioni e reazioni che si chiama guerra». Dunque, per il leader M5S che incassa il sostegno di Nicola Fratoianni e Arturo Scotto, «l’unica strada che può portarci a una via d’uscita rispetto a un conflitto che sta sfuggendo di mano e sta assumendo ogni giorno proporzioni sempre più vaste e incontrollabili è imprimere una svolta, seria e stringente, in direzione di un negoziato di pace».

Una posizione che fa salire sulle barricate Carlo Calenda, pronto a definire «immorale» quel «pacifismo che mette tutti sullo stesso piano». Altro che collaborazione tra le opposizioni, come invocato da Letta: «Non accetteremo alcuna collaborazione con chi sostiene queste tesi. In Italia e in Ue», chiosa il leader di Azione.