«Le vittorie di Brescia e Teramo ci permettono di prendere la rincorsa per i ballottaggi». Nonostante la riscossa del Pd non sia ancora compiuta, Elly Schlein si mostra soddisfatta della performance del suo partito. E punta tutte le fiches sul “secondo tempo” della competizione, sui ballottaggi che vedranno però i dem impegnati in duelli spesso al limite dell’impresa. Sulla carta la Toscana, tranne Siena, resterebbe in mano al centrodestra, troppo impari lo scontro a Massa e complicata la campagna di Pisa, sempre che lo spareggio venga confermato, in attesa del riconteggio delle schede (il centrodestra non ha vinto al primo turno per soli 15 voti). Fondamentale, per poter dichiarare mezzo pieno il bicchiere, sarà dunque resistere almeno ad Ancora, l’ultima roccaforte marchigiana non ancora caduta nelle mani di Giorgia Meloni.

Non possono bastare i successi di Brescia e Teramo per cantare vittoria. Perché se è vero, come dice Schlein, che «la destra frena», è vero pure che il centrosinistra non accelera. Anzi, semplicemente non esiste. Non nell’accezione del “campo largo” di lettiana memoria, almeno, quello che da Nicola Fratoianni doveva arrivare a Carlo Calenda, passando per Giuseppe Conte. Il Pd si allea in maniera alternativa o col M5S o col Terzo polo e non riesce ad attenuare le reciproche diffidenze dei due potenziali compagni di strada. Il risultato finale, politicamente parlando, non è dei migliori. Perché non consente al centrosinistra di avanzare e al Pd di fare chiarezza sul percorso. Per non parlare della scarsa convinzione con cui Schlein e Conte si sono mostrati squadra persino nei pochi Comuni in cui esprimevano lo stesso candidato sindaco. Troppo accesa la competizione interna per pensare a quegli altri, alla coalizione di governo.

E mentre i progressisti si fanno gli sgambetti a vicenda, il centrodestra marcia compatto e conferma, tutto sommato, la sua potenza di fuoco. Certo, l’unione delle opposizioni forse non avrebbe stravolto i risultati - considerando le risicate percentuali del Terzo Polo e l’impressionante dissoluzione del consenso pentastellato - ma avrebbe comunicato un messaggio diverso agli elettori e fornito le basi per un lento lavoro di costruzione dell’alleanza politica che dovrà venire inevitabilmente. Perché già all’indomani delle Politiche, vinte dai meloniani solo per manifesta incapacità di dialogo degli avversari, il centrosinistra avrebbe dovuto imparare la lezione: divisi si perde. E a meno che qualcuno non intenda trasformare il tafazzismo in un marchio di fabbrica, nell’immediato futuro i partiti d’opposizione dovranno ricominciare a parlarsi. Magari già da subito, in vista dei ballottaggi di fine maggio, per darsi almeno una chance in più di vittoria.

«Non abbiamo ancora fatto l'agenda delle prossime due settimane», dice a tal proposito Schlein. «Noi vogliamo allargare e rendere più espansive le nostre candidature. C'è la nostra piena disponibilità a incrociarci anche con i leader delle altre forze. Noi ci siamo», aggiunge, convinta che, «mettendo al centro i contenuti si possono trovare alleanza con le altre forze alternative alla destra e il Pd continuerà a lavorare nella maniera più unitaria possibile sui temi». Tutto giusto, ma sul “quando” ognuno butta la palla nel campo dell’altro: «Questo dovete chiederlo a loro», spiega la segretaria, dove per “loro” si intende Conte e Calenda. Solo che il primo è troppo impegnato a costruire «l’opposizione sociale al governo Meloni» (per quella politica non c’è fretta), e il secondo (teorico della dottrina del “se c’è lui non ci sono io) resta intento a parare i ceffoni dell’ex socio Matteo Renzi, che continua a rubacchiargli un parlamentare al giorno.

E in queste condizioni il compito di federare non può che spettare a Schlein, leader del partito guida dell’opposizione. Solo così il centrosinistra avrà una chance di stravolgere i pronostici ai ballottaggi. «A noi sta di fare un lavoro serio», dice la segretaria. «La mia preferenza è netta: quella di costruire un'alternativa solida alle destre. Questo è successo anche seguendo strade diverse, ma c'è una costante: l'affidabilità del Pd. Noi non neghiamo le differenze che ci sono tra di noi, ma ci sono possibilità di unità nelle battaglia». Purché il lavoro di tessitura inizi immediatamente.