«Alberto da Giussano? Il guerriero sta qui e non lo tocca nessuno!». Matteo Salvini accarezza sorridendo la spilletta, che ha sul bavero della giacca, con l’effige dell’eroe che per la leggenda sconfisse con la Lega lombarda Federico Barbarossa nella battaglia di Legnano. E a Il Dubbio conferma che “il guerriero”, simbolo della Lega che fu Lega Nord, riferimento geografico tolto per ora solo nel marchio elettorale e non nello statuto, resterà. Non cancella, insomma, il simbolo numero uno del “sacrario” bossiano di Pontida. Ma fa del “guerriero” ora la sua guida per l’autonomia contro le «oppressioni», a cominciare da quella legge Fornero, per la quale chiederà se serve «un voto pure a Grillo», anche al Sud. Il leader leghista, tutto di blu vestito, in gran forma, che ormai di padano ha nel look solo quella spilletta con “Alberto”, racconta al Il Dubbio il suo viaggio in Sicilia, in quel profondo Sud che lui, figlio della nidiata del Senatùr, non aveva mai conosciuto così bene. E’ colpito: «Ho macinato chilometri e chilometri, in treno, con ogni mezzo. La mancanza dell’acqua in alcune zone è una cosa sconvolgente; e poi ho visitato certi quartieri di Messina, dimenticati da Dio e dagli uomini, dove c’erano pratica- mente solo sporcizia e topi». Salvini, in una sorta di conferenza stampa continua, che va avanti per tutto il giorno, prima alla Camera dove presenta i due deputati che in Puglia ha sfilato a Raffaele Fitto ( Nuccio Altieri e Roberto Marti, un vero colpo perché erano i fedelissimi dell’ex governatore) poi con le tv e con il “Corriere live”, si presenta ovviamente soddisfatto del risultato siciliano, dove certo la parte del leone l’ha fatta Forza Italia, ma dove lui per la prima volta ha un deputato della Lega nell’Assemblea regionale. Ma, capendo che la battaglia per sfondare al Sud è appena cominciata, sta attento a tenersi caro quel “guerriero” del Nord con tutto quello che significa in termini di voti, come quelli che i suoi governatori Luca Zaia e Roberto Maroni ai recenti referendum hanno confermato di saper prendere. Salvini frena un po’ sulle ambizioni della leadership nazionale: «Di leadership non voglio più parlare. Chi prende un voto in più sarà presidente del Consi- glio». Elogia il risultato siciliano «che ha premiato il lavoro di squadra». Si distingue da Berlusconi quando ripete che «con i grillini bisogna dialogare» e che «non vanno insultati come nullafacenti, visto tutti i voti che hanno preso». Per cui, ancora diretto a “Silvio”: «Non si battono con la moderazione, con le ricette molli». Ma il distinguo finisce qui. Dice che lui non andrebbe mai al governo con i pentastellati: «Io il governo lo faccio con gli alleati di centrodestra». Ma mai con i «traditori» Angelino Alfano e Flavio Tosi.

Per il resto, non si oppone alla quarta gamba centrista alla quale Berlusconi sta lavorando. E quanto a un possibile ritorno di Denis Verdini: «Io non faccio le liste di Forza Italia». Attacca però il consigliere centrista De Luca arrestato in Sicilia: «Ecco, quello è uno al quale noi abbiamo detto no». Intanto, Berlusconi, dopo aver fermato Grillo in Sicilia, ribadisce via twitter che ora parte a livello nazionale «la vera sfida tra noi e i Cinque Stelle, come in Sicilia: vinceremo ancora noi, vinceranno l’esperienza, la concretezza, la positività». E’ la carica che oggi suonerà ai coordinatori regionali che, salvo imprevisti, ha in programma di incontrare oggi a pranzo a Roma, a Palazzo Grazioli. «Berlusconi, dopo la Sicilia, vuole testare il polso della situazione nazionale. L’unità con Salvini e Giorgia Meloni non si tocca dopo il miracolo del 5 novembre. Ma non è disposto a cedere anche nel Lazio a Fratelli d’Italia la candidatura di Sergio Pirozz», dicono dalle parti di Arcore. Ora parte la battaglia dei collegi e delle candidature nel centrodestra, la cui unità però ora invidiano dalle parti del centrosinistra.