Presidente Barelli, è possibile tenere assieme anche in Europa il centrodestra che governa in Italia?

La sfida elettorale in Europa prescinde dalle singole posizioni, perché può ridisegnare una guida europea modello italiano. L’esperienza del governo di centrodestra in Italia - composto da una maggioranza di partiti diversi tra loro ma con obiettivi comuni - può essere un esempio da percorrere anche nella dimensione europea, perché caratterizzato dai valori cari a Forza Italia quali il popolarismo, il liberismo, il riformismo, l’europeismo e l’atlantismo.

Tajani non ha chiuso a Salvini, ma a patto che si allontani da Le Pen, o che quest’ultima si “converta” all’europeismo. Salvini a sua volta ha sottolineato di non accettare veti. Come se ne esce?

La domanda ha una impostazione non corretta. Tajani non chiude a nessuno anche perché, nella fattispecie, Forza Italia e la Lega sono alleati - assieme a Fratelli d'Italia - e governano con successo il nostro Paese. D’altra parte, Salvini credo che comprenda bene, al di là degli impulsi elettorali, che non si può condividere responsabilità in Europa con chi è contro l’Europa. Non si tratta di mettere veti, ma di applicare semplice buon senso. È dunque difficile pensare che la Le Pen cambi le sue posizioni radicalizzate anti Europa. Se Salvini dovesse riuscire a “convertire” la Le Pen sulla sponda europeista sarebbe un miracolo, non credo però sia di facile attuazione.

Dunque Fi non accetta Le Pen e Afd in un’eventuale alleanza che preveda anche Ppe e Conservatori. Perché Le Pen e Afd no e Vox e Pis, alleati di Meloni ma ugualmente euroscettici, si?

Forza Italia ha una tradizione europeista d’eccezione, è il pilastro portante del Partito popolare europeo e la presenza di Manfred Weber al nostro Consiglio Nazionale del 15 Luglio ne è una chiara indicazione. La ricetta del nostro presidente Silvio Berlusconi, ieri, e quella di Antonio Tajani, oggi, si muovono verso la medesima direzione, quella di trovare una alternativa alla maggioranza Ursula che vede i popolari governare insieme ai social democratici. L’alternativa è un governo europeo modello “centrodestra all’italiana”, con i Conservatori, il Ppe, eventualmente i Liberali e altre componenti chiaramente europeiste. E in questo schema, quello della Le Pen e altri partiti di estrema destra europei, non trovano spazio.

Come deve operare la maggioranza per evitare che le diversità esistenti sulle tematiche europee si ripercuotano nel governo del paese?

Noi siamo impegnati a tenere unita l’Europa su alcuni temi fondamentali. Quali l’immigrazione - un punto nevralgico che coinvolge gli assetti mondiali, non solo europei - e il patto di stabilità che secondo noi non deve essere appesantito dall’onere del Pnrr, dai costi della guerra in Ucraina e della transizione energetica. Per quanto riguarda i flussi, al Consiglio europeo il nostro governo ha ottenuto l’importante sostegno di tutti i nostri partner con l’esclusione di Ungheria e Polonia.

Cioè gli alleati di Meloni tra i Conservatori...

Noi siamo contrari alle politiche migratorie e dell’accoglienza di questi Stati, ma la loro rigidità si spiega se si pensa che la Polonia - in piena campagna elettorale - si è fatta carico di quattro milioni di cittadini ucraini in fuga dalla guerra e che l’Ungheria ha solo nove milioni di abitanti. La premier Meloni ha anche ricevuto attenzione - sull’immigrazione - dalla Tunisia dove è stata accolta assieme a Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, e al primo ministro olandese Mark Rutte. Sono tutti segnali di coinvolgimento dell’Europa molto importanti.

Dal Mes al Pnrr gli argomenti di dialettica con l’Ue non mancano. Pensa che il governo debba cambiare la strategia d’approccio con le istituzioni europee?

Nessuna polemica con l’Ue, anzi la collaborazione è totale e amichevole. Ma è chiaro che il nostro governo fa bene a far sentire la propria voce. L’Italia deve insistere su immigrazione - un problema comunitario e non solo nostro - patto di stabilità, tempi di attuazione della transizione energetica, unione bancaria. Questi sono i fronti da cui partire.

Ma prima o poi anche della ratifica del Mes si dovrà parlare…

Entrando nel dettaglio, il Mes, per Forza Italia, non è uno strumento oggi indispensabile: è stato istituito nell’ormai lontano 2012, quando non erano arrivate la pandemia, la crisi delle materie prime, la guerra in Ucraina, la crisi energetica e quando non esistevano i fondi del Pnrr. Il Mes era stato ideato per intervenire in caso di crack finanziario dei paesi dell’Unione. Fi ha sempre obiettato che questo tipo di “prestito” non gode del controllo da parte della Commissione e del Parlamento. È sempre stata coerente su questo punto.

La terza rata del Pnrr, secondo il ministro Fitto settimane fa doveva arrivare «a ore», mentre ora «ci stiamo lavorando». A che punto siamo?

Anche in merito alle polemiche dell’opposizione sui fondi del Pnrr siamo stati chiarissimi e occorre una operazione verità. Solo tre paesi, ad oggi, hanno chiesto la terza rata: Italia, Spagna e Grecia. Gli altri paesi dell’Ue non sono pervenuti e in quei paesi non ci sono polemiche. La questione della terza rata è priva di fondamento perché sarà pagata all'Italia a breve. Relativamente alla quarta, il ministro Fitto sta concordando, d’accordo con l’Ue, di spostare alcuni fondi indirizzati dai governi precedenti per opere irrealizzabili, su progetti invece utili e realizzabili entro i tempi stabiliti dalla Ue, cioè il 2026. Per concludere, Forza Italia è convinta della correttezza dei temi posti dal nostro governo all’attenzione dei partner europei, caratterizzati da spirito di coesione che però non significa trascurare le esigenze del nostro paese.