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Matteo Salvini ha incontrato ieri pomeriggio una delegazione degli agricoltori che protestano. Guarda caso, lo ha fatto in Abruzzo, dove due giorni prima la presidente del Consiglio Giorgia Meloni era andata per firmare un accordo col ' suo' governatore Marco Marsilio. Per mezza giornata, a L'Aquila, mercoledì un gruppo di manifestanti in sella ai loro trattori aveva dato vita a un sit- in nel centro della città, sperando di intercettare la premier e farle presente le ragioni del malcontento.
La cosa è stata gestita dallo staff di Meloni, e dopo una breve trattativa si è arrivati allo ' scioglimento' della protesta in cambio della consegna al suo capo ufficio stampa di un cahier de doleances. Qualche ora dopo, parte una nota del leader della Lega in cui quest'ultimo, data la sua presenza in Abruzzo «per un'iniziativa» del suo partito proprio il giorno dopo, ha confermato «la sua disponibilità ad incontrare una delegazione di agricoltori che stanno manifestando a L'Aquila».
Se da una parte non c'era bisogno di questo episodio per capire la strategia che sta adottando il vicepremier in questa fase politica pre-elettorale, è pur vero che si tratta di un'azione che dà il senso di quanto rude stia diventando la ' marcatura' del Capitano sul capo dell'esecutivo. Una guerriglia che ormai non esclude colpi sotto la cintura e blitz repentini per ottenere un vantaggio politico rispetto a FdI. E così la protesta dei trattori, in un panorama che già annovera il pressing a tutto campo del segretario del Carroccio su questioni come il caso Salis, il sostegno a Kiev, il premierato o il corteggiamento al generale Vannacci, è probabilmente diventata il fronte dove Salvini può fare più male al principale azionista del centrodestra. Lo schema d'attacco è sempre lo stesso: l'ariete che in prima linea fa a sportellate coi marescialli di Fratelli d'Italia è il numero due di via Bellerio Andrea Crippa, che ieri non ha avuto problemi ad accusare di pavidità nei confronti della protesta il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida. Una polemica per interposta persona, anzi per interposte persone, visto che Salvini ha attaccato, attraverso il proprio vice, il cognato della presidente del Consiglio.
L'altra mossa già collaudata sul fronte ucraino è la presentazione di un atto parlamentare ostile alla Meloni: al Senato era stato il capogruppo leghista Massimiliano Romeo a firmare un ordine del giorno in cui, sostanzialmente, si invitava il governo a prendere atto dell'impossibilità di Kiev di sconfiggere la Russia sul campo di battaglia e ad agire di conseguenza. Ora è il suo pari grado di Montecitorio, Riccardo Molinari, a presentare un emendamento al dl Milleproroghe, che chiede di reintrodurre l'esenzione dal computo Irpef per i redditi agrari, non rinnovata dall'attuale esecutivo dopo sei anni.
La mossa, a differenza dell'odg a Palazzo Madama (ritirato dopo qualche giorno) mette in grande difficoltà lo stato maggiore di via della Scrofa, visto che la protesta dei trattori sta toccando un nervo scoperto in casa FdI, incalzata dai rappresentanti di un comparto da sempre ritenuto amico. L'imbarazzo è palpabile, e lo si è visto anche in aula nel corso dell'ultimo question time, quando il ministro per i Rapporti col Parlamento Luca Ciriani ha fatto sapere che il governo sta pensando a riproporre lo sconto Irpef in misura però ridotta, vale a dire per le aziende che fatturano sotto i 10 mila euro. Una proposta ritenuta insoddisfacente dai diretti interessati, ragion per cui la palla lanciata da Salvini per ora resta nel campo meloniano. Ma lo scenario per il ministro dei Trasporti non è tutto rose e fiori, perché una buona parte della stizza di Palazzo Chigi nei suoi confronti è data dal fatto che al Mef siede un leghista, Giancarlo Giorgetti, che da quando è approdato a via XX settembre non fa altro che ripetere il mantra ' non c'è un euro'. Lo aveva fatto capire anche in questo caso, avallando lo stop allo sconto per gli agricoltori, ma ora si trova nella scomoda posizione di non potere smentire il capo del suo partito. Tra i due, non è la prima volta che si palesa la difficile convivenza della Lega di lotta e di governo, come accaduto per la vicenda del Mes. Reintrodurre integralmente lo sconto, calcolatrice alla mano, costerebbe 250 milioni, mentre la soluzione di compromesso prospettata da FdI 100, ma per i ' trattori' non basta. Un'altra grana legata all'offensiva leghista è quella del rapporto con Coldiretti, il cui presidente Ettore Prandini è molto vicino al partito della premier, tanto che si vocifera di una sua candidatura alle Europee. La principale associazione degli agricoltori sta in una certa misura subendo la contestazione dei piccoli agricoltori, e questo potrebbe indebolirne la rappresentatività, elemento su cui FdI aveva basato un rapporto sempre più stretto.