Il Cav riunisce il centrodestra, ma Matteo Salvini lo gela: «Secondo gli ultimi sondaggi il leader sono io». Forse a Matteo Salvini non è andato giù che Silvio Berlusconi nel suo ritorno in scena al Tg5 l'altra sera non abbia esplicitamente citato Matteo Renzi quando ha attaccato la riforma costituzionale perché porterebbe a «un uomo solo al comando». In realtà il Cav, che ha bocciato il premier in particolare sull'economia, nomi non li ha fatti, anche se qualcuno ha riportato che si trattava di Grillo. Comunque sia, come sostengono fonti azzurre con Il Dubbio è proprio al leader dei Cinque Stelle che Berlusconi si riferiva: «La forza antisistema per eccellenza è quella che lo preoccupa di più».Se è così, è logico per il leader leghista (che ha invitato proprio i pentastellati alla sua kermesse del 12 novembre a Firenze, nel tentativo di non lasciar loro tutto il campo libero per il No) nutrire sospetti di un possibile accordo Berlusconi-Renzi seppur solo sulla legge elettorale che lo vedrebbe tagliato fuori dai giochi. Fatto sta che ieri quasi in contemporanea con il vertice del centrodestra riunito a Roma dal Cav, tornato dopo 4 mesi a Palazzo Grazioli, il leader della Lega ha riaperto la partita della leadership. E questo, dopo mesi in cui sembrava aver rimesso nel cassetto il tema, soprattutto in seguito alle elezioni di Milano dove Fi lo ha doppiato. In un attimo si è di nuovo incrinata l'unità certificata da un comunicato di Berlusconi, il leader leghista e Giorgia Meloni, schierati per il No e a favore di una fase costituente successiva alla sconfitta del Sì.In una intervista, sembra registrata a Rtl prima della riunione, Salvini ha cannoneggiato: «I dati dicono che la Lega è il primo movimento di centrodestra, quindi se si votasse in questo momento il segretario della Lega sarebbe il candidato leader del centrodestra». Ha rilanciato l'uscita dall'euro, l'abolizione della legge Fornero, la tassa unica del 15 per cento. E soprattutto ha rimarcato che la Lega «parla chiaro: spero Berlusconi ne prenda atto».Sono le varie sfumature del No pronunciato l'altra sera dall'ex premier in Tv evidentemente a preoccuparlo. Secondo indiscrezioni di Transatlantico, sarebbe stato soprattutto Salvini a incalzare il Cav a scendere in campo, fino al punto di annunciare insolitamente lui stesso alcune ore prima l'intervista del leader azzurro al Tg5. «Forse anche per la paura che Berlusconi ci ripensasse?», osservano maliziosamente alcuni parlamentari. Se Salvini forse così voleva dimostrare che quell'intervista era anche un suo successo, al tempo stesso, come afferma l'azzurra Mariastella Gelmini, coordinatrice lombarda, Salvini ha anche dimostrato «che in qualche modo riconosce la centralità di Berlusconi».Il quale ha pronunciato un No "deciso" ma "responsabile". E ha tenuto a sottolineare che lui non intende «lasciare le cose così come sono», formulando una proposta di riforma costituzionale di stampo presidenzialista «condivisa». Ma quel termine «condivisa» ha subito fatto balenare nel Carroccio in caso di vittoria del No lo spettro di future larghe intese con un governo di scopo seppur guidato da un esponente di centrosinistra e solo per cambiare la legge elettorale per poi andare al voto, come aveva detto nei giorni scorsi Stefano Parisi. Non sembra un caso che anche ieri Salvini si sia scagliato contro il politico-manager liquidato così: «E' solo un consigliere comunale. Punto». Ma dentro Fi dicono a Il Dubbio che Berlusconi in realtà sarà sempre centrale anche se vincesse il Sì, perché comunque si dovrà pronunciare la Consulta: «Noi abbiamo i numeri che servono a Renzi in Senato per cambiarla. Non gli basta Denis Verdini». Berlusconi che secondo alcune indiscrezioni non disprezzerebbe affatto il proporzionale, starebbe pensando o a un premio di coalizione o a un ballottaggio con appararentamento". Insomma, il Cav si starebbe «tenendo aperti tutti i tavoli». Cosa che Salvini non può che guardare come fumo negli occhi. Sergio Pizzolante di Ncd la mette con Il Dubbio un po' cinicamente così: «Salvini perde comunque, sia che vinca il Sì sia che vinca il No, perché se Renzi perdesse a vincere sarebbe Grillo e non la Lega». Ieri Umberto Bossi è tornato a bacchettare Salvini: «Pensi alle alleanze e non alle cose troppo personali?». E Fabrizio Cicchitto (Ncd): «Salvini vuol prendersi tutto». Il leader leghista non demorde e ha invitato anche gli esponenti dell'ala più dura di Fi a Firenze il 12 novembre, da Renato Brunetta a Daniela Santanchè a Giovanni Toti. Ma il referendum sarà una tappa che metterà alla prova anche la pur consolidata leadership di Salvini nel Carroccio.