Una sfida aperta a Bruxelles e una promessa ai balneari italiani. Il vicepremier e ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, dal palco del Ttg di Rimini, annuncia la linea dura del governo sul nodo delle concessioni demaniali: modificare l’articolo 49 del Codice della navigazione per riconoscere indennizzi ai gestori in caso di perdita della concessione, anche a costo di affrontare un giudizio davanti alla Corte di Giustizia europea. «Sono disposto a rischiare, anche personalmente, perché le firme le metto io», ha scandito Salvini davanti alla platea del Sib-Fipe, il sindacato dei balneari italiani.

Il ministro ha ripercorso il confronto con Bruxelles, rivelando di aver illustrato al Consiglio dei ministri tre opzioni dopo l’ennesimo “niet” europeo sulla gestione delle concessioni. «Il piano A era aderire alle richieste della Commissione europea e fare un decreto indennizzi… senza indennizzi. Io ho detto no. Ho una faccia, ho un nome: un decreto così non lo firmo», ha dichiarato tra gli applausi. Salvini ha quindi spiegato che, di fronte all’intransigenza dei funzionari Ue, restano due strade possibili: riprendere il decreto già esaminato, apportando lievi modifiche, oppure mettere mano al Codice della navigazione, superando la norma che prevede che, alla scadenza della concessione, tutto quanto realizzato dal concessionario passi automaticamente allo Stato.

Il leader della Lega ha definito l’attuale formulazione del Codice della navigazione «una norma sovietica, statalista», che non riconosce i diritti dei gestori sugli investimenti fatti negli anni. «Una volta finito il tuo mestiere, tutto ciò che hai costruito lo incamera lo Stato. È assurdo», ha detto Salvini. La proposta del ministro prevede l’introduzione del principio di proprietà privata sugli investimenti effettuati dai concessionari, un meccanismo che consentirebbe di riconoscere un equo indennizzo in caso di decadenza della concessione, in linea con la direttiva Bolkestein ma tutelando le imprese storiche del settore.

Salvini non risparmia critiche né a Bruxelles né al Consiglio di Stato, colpevoli — secondo il vicepremier — di un approccio burocratico che ignora la realtà economica delle imprese balneari. «Sia Bruxelles che, ahimè, un altro organismo italiano danno sempre gli stessi appelli. Citano il Codice della navigazione come fosse un dogma. Bene, cambiamolo quel benedetto articolo», ha tuonato. Il ministro si è detto pronto a difendere la riforma anche davanti alla Corte di Giustizia europea, nel caso in cui l’Unione dovesse impugnare la nuova norma: «Possono anche portarmi davanti ai giudici di Lussemburgo. Sono disposto a rischiare qualcosa anche personalmente». La platea dei gestori, riunita a Rimini, ha accolto con applausi e scetticismo le parole del ministro. Il Sib-Fipe chiede da mesi una soluzione stabile che garantisca certezze sugli investimenti e un percorso di uscita ordinato per le imprese storiche.