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La segretaria del Pd Elly Schlein in occasione di fanpage Rumore festival 2025. Roma Domenica 05 Ottobre 2025. (foto Mauro Scrobogna / LaPresse) Democratic Party Secretary Elly Schlein at the fanpage Rumore Festival 2025. Rome, Sunday October 05 2025. (Photo by Mauro Scrobogna / LaPresse)
Sospettare i leader del centrosinistra di non essere felici per la tregua a Gaza sarebbe non solo ingeneroso ma persino assurdo. Non esiste alcun elemento che autorizzi a dubitare della loro buona fede e a immaginare che in cuor loro anteporrebbero la convenienza politica alla fine di un massacro. Ma per quanto sinceramente soddisfatti certamente siano Elly Schlein, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli resta il fatto che, dal mero punto di vista del vantaggio politico, la tregua, sempre che regga, gli toglie alcune armi certamente utili e forse preziose.
Prima di tutto la guerra di Gaza e lo schieramento movimentista dei tre partiti del Campo Largo permetteva almeno di sperare in un ritorno elettorale. In realtà è molto raro che in Italia la politica estera incida sulle scelte degli elettori e di certo di un “effetto Gaza” non si è vista traccia nelle Marche e in Calabria. Ma quella per Gaza non è stata una mobilitazione solidale come molte altre. Persino il paragone con il grande movimento contro la guerra nel Vietnam negli anni ‘60 e ‘70 regge fino a un certo punto. Quel movimento fu fluviale ma toccava pur sempre solo una parte della popolazione. Nell'epoca dei blocchi l'altra metà non poteva e non voleva schierarsi contro gli Usa. Stavolta non ci sono state distinzioni di sorta. Persino gran parte dell'elettorato di destra voleva la fine del massacro ed era severamente critica nei confronti di Israele. Ma soprattutto è senza confronto con qualsiasi evento affine il tasso di emotività che la guerra di Gaza ha evocato ovunque. Quel ritorno elettorale che sin qui è mancato sarebbe potuto intervenire se la guerra fosse proseguita e la posizione del governo italiano fosse rimasta quella solo timidamente critica che è sempre stata.
In secondo luogo manifestazioni così oceaniche e, per la prima volta da tempo immemorabile affollate soprattutto di giovani e giovanissimi, potevano innescare una conflittualità sociale non limitata con la solidarietà a una popolazione flagellata. Landini, con la manifestazione nazionale del prossimo 25 ottobre, proprio a questo mira: intrecciare la spinta idealista e internazionalista che ha animato le manifestazioni delle ultime settimane con una dinamica non solo sindacale ma sociale in senso lato, prendendo di mira l'intera politica del governo e anche di molti altri governi precedenti di diverso colore politico. Da Gaza al salario la battaglia è una sola: questo l'ambiziosa scommessa di Landini e al suo fianco della intera sinistra politica. La scommessa non è persa ma senza dubbio l'abbassarsi della tensione emotiva innescata dalla cronaca quotidiana delle stragi a Gaza la rende più difficile.
Infine Gaza ha offerto alla forze del centrosinistra un terreno comune e un mastice proprio sul fronte più delicato e dove le divisioni interne erano più vistose e stridenti: quello della politica estera.
Se la tregua sottrae al Campo largo un atout, regala all’opposto ottime carte ai rivali. Giorgia e il suo governo sono stati per mesi bombardati di critiche per essere troppo vicini e anzi asserviti a Donald Trump, primo complice della mattanza. È evidente che se il quadro si rovescia e il presidente fellone diventa un campione della pace lodato persino da una testata non sospetta di simpatie MAGA come il New York Times, quella vicinanza della premier italiana alla Casa Bianca resta ma capovolta di segno. La presenza della premier italiana al Cairo per la firma dell'accordo è da questo punto di vista un segno preciso che rende difficile proseguire nella campagna che la accusa di "complicità col genocidio" proprio per aver assunto una posizione affine, pur se non identica, a quella del presidente americano.
Infine alcuni aspetti fortemente critici del movimento a favore della Palestina sono state sin qui tollerate, fingendo di non vederle, proprio perché considerate “secondarie” rispetto all'urgenza di fermare Israele. Le intemperanze sempre più sfrenate di Francesca Albanese, eroina di quella parte del movimento, ma anche un crescente antisemitismo sul quale proprio le forze politiche più favorevoli alle aggravanti per antisemitismo e negazionismo hanno per mesi chiuso gli occhi. È presumibile che questa peraltro inaccettabile tolleranza sia arrivata al capolinea con la tregua. Forse non è un caso se solo ora si levano dall'interno del Pd voci molto critiche nei confronti degli show della già intoccabile Albanese. Elly e Angelo, Giuseppi e Nicola si augurano sinceramente che la tregua regga: su questo non c'è neppure il minimo dubbio. Però, da politici navigati, non possono non sapere che una partita già difficile lo diventerà ancora di più.