Se non proprio un flop la parata sovranista di domenica a Firenze non è stata neppure un gran successo. Senza i due ospiti d'onore, Marine LePen e Geert Wilders, tutto si è ridotto a una prevedibile sfilata di piccoli comizi contro l'immigrazione, senza risparmiare iperboli, e a favore della famiglia minacciata dalle orde del gender.

I nemici sono loro e più nemica di tutte è l'Europa anzi l'Unione europea perché l'Europa in sé i sovranisti di Firenze la adorano. Purché sia quella di ieri e meglio ancora se dell'altro ieri. Le assenze di LePen e Wilders, giustificate accampando giustificazioni risibili e rimpiazzate da video tanto striminziti quanto tiepidi, sono eloquenti. La manifestazione, in tutta evidenza, non era né contro la Ue né contro le varie sinistre nazionali ma contro Giorgia Meloni, premier in Italia, presidente dei Conservatori in Europa.

Però le carte vincenti in Italia e forse anche in Europa ce le ha in mano Giorgia, non Salvini, stella di ieri che non riesce a risalire la china. Per leader come la francese e l'olandese, che non si accontentano di fare presenza ma mirano a guidare due Stati tra i più importanti dell'Unione, entrambi Paesi fondatori, non è il caso di guastare i rapporti con la stella in ascesa della destra europea per far fare bella figura al leghista.

La manifestazione, nelle intenzioni di Salvini, era l'apertura ufficiale di una campagna elettorale nella quale tenterà la sorte presentandosi esattamente per come lo si è visto domenica a Firenze: il campione di una destra dura e greve, il vero e solo nemico dell'Unione. Qualcosa per quella via può raggranellare. La svolta europeista e in sostanza moderata della premier è stata troppo repentina e drastica perché nella sua base non si contino alcuni scontenti. Ma al momento si tratterà di una feritina superficiale, certo non di un'emorragia, probabilmente recuperata e forse più che recuperata dalla raccolta dei voti più moderati che, senza più Silvio e con un Tajani agli ordini della Sorella d'Italia, potrebbero passare dal partito azzurro a quello tricolore. Politicamente, poi, la sfida a destra di Salvini è una mano santa. Corrobora l'immagine di leader sovranista sì ma con la testa sulle spalle e europeista in tutto ciò che conta che Meloni si sta rapidamente e con successo costruendo, sino a porsi, per paradossale che appaia, come un baluardo contro il sovranismo radicale nel Paese più a rischio che ci sia ancora oggi in Europa.

La partita di Salvini appare oggi perdente in partenza: nella migliore delle ipotesi il suo sembra un gioco di margine, volto a rosicchiare un paio di punti percentuali in più alle Europee. Il quadro però potrebbe cambiare nelle prossime settimane prima e nei prossimi mesi poi. Giovedì sera i ministri delle Finanze dell'Unione si troveranno a cena e non avranno tempo da perdere in chiacchiere amene. La mattina dopo, 8 dicembre, il vertice Ecofin, composto dai medesimi commensali, dovrebbe varare una bozza di accordo sulle nuove regole del Patto di Stabilità. Poi ci saranno altre 3 settimane di tempo per limare e correggere ma il grosso dovrà essere licenziato venerdì prossimo. In caso contrario il rischio di fallimento e di ripristino secco delle vecchie regole a partire dal primo gennaio diventerebbe altissimo.

Tra tutte le partite, spesso intrecciate, in corso sui tavoli europei nessuna è più importante di questa e al momento non è affatto chiaro se la Germania e i Paesi nordici accetteranno o no di concedere all'Italia qualcosa che permetta alla premier e al ministro dell'Economia di dichiararsi vincenti e soddisfatti, apponendo pertanto la loro pregiata firma in calce sia alla riforma del Patto che a quella del Mes. In questo caso le posizioni dei due principali partiti della destra italiana verrebbero radicalizzate in direzione opposta: FdI sempre più spinta verso la trasformazione di fatto in un partito molto più vicino a Fi che non alla Lega, il Carroccio spostato su una linea radicalmente anti-Ue. Se però il Patto sarà per l'Italia troppo punitivo, o addirittura inaccettabile, la tensione tra la premier e Bruxelles tornerà a impennarsi.

Ma se anche tutto andasse bene, lo scoglio dopo il 9 giugno sarà anche più insidioso. Tanto più la Ue concederà all'Italia, tanto più difficile sarà per la leader dei Conservatori sfilarsi dal sostegno a una nuova presidenza von der Leyen e potrebbe voler dire un'alleanza con la sinistra nell'Europarlamento. Quella sarebbe la vera occasione per Salvini. Sempre che abbia ancora la forza necessaria per coglierla e stando a quel che si è visto domenica a Firenze non è affatto detto.