Il premier italiano Giorgia Meloni «ha ripetuto fino alla nausea che non vuole cambiare la legge sull'aborto, e io non solo non ho nessuna volontà di farlo, ma non ne avrei nemmeno il potere, visto che dell'applicazione della legge 194 si occupa il ministero della Salute insieme alle Regioni». Pensieri e parole della ministra della Famiglia, della Natalità e delle Pari Opportunità Eugenia Roccella, in una lettera inviata a "La Stampa" di Torino. «Nessuno ha più memoria, e se oggi si parla di aborto è solo per usarlo come arma contundente e impropria contro un governo che non è di sinistra e non è nemmeno tecnico (un peccato assai grave), e bisogna agitare lo spauracchio dell'attacco ai diritti delle donne. Che questa maggioranza sia stata votata dagli italiani ha poca importanza, così come non importa che il governo sia guidato da una donna, un fatto rivoluzionario nella storia, molto maschilista, della politica italiana» afferma la ministra Roccella. La verità è complessa, «non si può ridurre a slogan» e «nemmeno a semplificazioni del tipo "ha cambiato idea", o peggio, "ha rinnegato il suo passato" - scrive -. Non ho rinnegato proprio nulla. Anche allora l'aborto non era la nostra massima aspirazione, ma un male necessario, per non essere schiacciate in un ruolo che chiudeva le donne in una gabbia di oppressione e subalternità. Al di là del clima gioioso che c'è sempre nelle manifestazioni, l'aborto non era vissuto come una rivendicazione orgogliosa, piuttosto come una disperata via di fuga, non un diritto, ma un potere iscritto nel corpo. Non è al Mld (Movimento di liberazione della donna) che ho imparato che l'aborto non è un diritto, ma attraverso il femminismo della differenza».