IL PAPA CONTRO LA GUERRA PER LA «RICONCILIAZIONE»

«Nessuno sia abbandonato, le liti, le guerre, le contese lascino posto alla comprensione, alla riconciliazione. Sottolineare sempre questa parole: riconciliazione». Mentre ogni spiraglio di dialogo tra Russia e Ucraina sembra chiudersi, Papa Francesco torna a parlare di pace in occasione del Regina Coeli.

«Dio ha vinto la battaglia decisiva contro lo spirito del male, lasciamo vincere lui, rinunciamo ai nostri piani umani, convertiamoci ai suoi disegni di pace e di giustizia», ha aggiunto Bergoglio, invocando, ancora una volta la fine delle ostilità. Un urlo quasi isolato, ormai quello del Papa, che solo poche settimane fa aveva dichiarato di provare vergogna per quei governanti che decidono di aumentare le spese militari.

Fin dal primo giorno di guerra, il Pontefice ha sempre chiesto di far tacere le armi, lasciando spazio al confronto tra esseri umani. E venerdì scorso, in barba a tutte le polemiche e recriminazioni dell’una e dell’altra parte ha voluto accanto a sé due donne, in occasione della Via Crucis, a portare insieme la croce: Irina, infermiera ucraina, e Albina, specializzanda russa. Un gesto simbolico preceduto da un messaggio su Twitter: «Disarma la mano alzata del fratello contro il fratello».

Un appello che non può lasciare del tutto insensibile la politica. «L’appello del Santo Padre contro la “guerra crudele e insensate” e alla “pace per la martoriata Ucraia” pone tutti di fronte a interrogativi radicali», scrive su Facebook la presidente del gruppo Pd alla Camera, Debora Serracchiank. «Mentre l’ombra della guerra oscura l’Europa, il mio augurio è che il messaggio della Pasqua instilli almeno un dubbio in chi è ricorso alla distruzione per imporre la sua volontà e sconvolgere il mondo», prosegue il post.

«Nutriamo dolore, pietà infinita e solidarietà operante per le vittime, coltiviamo speranza e lavoro tenace per convincere a fermarsi chi ha scatenato i carnefici. Scegliere per evitare un male più grande: questo è un dramma tutto umano, con il carico di responsabilità che è il nostro destino. Scegliere è sempre escludere e prendere parte, si schiera anche chi vorrebbe astenersi o prospetta la resa del diritto alla forza. Io voglio credere nella pace, nel dialogo e nella trattativa, ma non posso girare lo sguardo mentre un popolo viene invaso e massacrato», aggiunge Serracchiani.

Ma proprio ieri il comandante della 36a Brigata Separata dei Marines ucraini, il maggiore Serhiy Volyna, ha scritto una lettera al Papa chiedendogli di aiutare a salvare la popolazione di Mariupol «allo stremo» nella città.

«Sua Santità, Papa Francesco! Mi rivolgo a Lei per chiedere aiuto: è giunto il momento in cui solo le preghiere non bastano più», si legge sulla lettera. «Aiuti a salvarli. Porti la verità nel mondo, aiuti ad evacuare le persone e salvi le loro vite dalle mani di Satana, che vuole bruciare tutti gli esseri viventi».

Eppure è dall’inizio del conflitto che la Chiesa e il Vaticano sono impegnati in prima linea per l’apertura e l’organizzazione di corridoi umanitari per evacuare i civili. Ma per fare la pace serve la pace non altre armi.

È questo il messaggio instancabile di Francesco.