Obiettivo: far dimenticare una volta per tutte il verde del precedente governo, a partire dalla sua misura più controversa e nello stesso tempo mediatizzata.

Così la task force 5 Stelle, composta dai ministri degli Esteri, Luidi Di Maio e della Giustizia, Alfondo Bonafede, hanno scritto e firmato il decreto interministeriale sulla gestione dei migranti. Il testo, presentato ieri mattina, punta a rendere più snelle e veloci le operazioni di rimpatrio dei migranti verso 13 paesi ( Algeria, Marocco, Tunisia, Albania, Bosnia, Capo Verde, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro, Senegal, Serbia e Ucraina). In questo modo, secondo i due ministri, si ridurranno a «quattro mesi» le procedure per valutare le richieste d’asilo che arrivano dopo gli sbarchi, rispetto ai circa due anni attuali. Da questi paesi, infatti, è sbarcato il 30% dei circa 7000 migranti arrivati in Italia nel 2019 e, rendendo più veloce la procedura di gestione di questa quota, si toglierà una buona fetta di lavoro ai tribunali.

Attualmente, infatti, l’Italia ha accordi per i rimpatri con pochissimi paesi ( Nigeria, Marocco, Tunisia, Egitto) e questo ha fatto sì che i rimpatriati nel 2019 siano poco più di 5mila. Briciole, rispetto alle 70mila richieste di asilo pendenti e difficilmente smaltibili dalle corti sotto organico.

Più cauta negli entusiasmi è stata la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, ha messo in guardia su come «Il problema immigrazione è complesso e strutturale, nessuno ha la bacchetta magica che nel giro di un mese risolve il problema». Tuttavia, «questo provvedimento può essere utile, può abbreviare i tempi». Ma «dire un mese, due mesi, non do numeri senza avere delle prove ma comunque inciderà sui tempi degli esami» delle richieste di asilo. Da tecnica, infatti, non ha voluto sbilanciarsi sui numeri: «Possiamo parlarne tra 6 mesi e vi posso dire quanto ha inciso. Ritengo ci sarà una riduzione dei tempi».

Il meccanismo di funzionamento del nuovo rimpatrio prevede una serie di step: il primo, l’individuazione di porti sicuri nei 13 paesi previsti; il secondo, il fatto che un migrante proveniente da uno di questi paesi debba presentare, in allegato alla richiesta di asilo, prove specifiche del fatto di essere stato sottoposto a violenze o persecuzioni; il terzo, una valutazione della domanda di protezione che, in mancanza di questi allegati, viene automaticamente respinta e avviata la procedura di rimpatrio. Il ministro Bonafede ha spiegato come, in questo modo, ci sia una «inversione dell’onere della prova» : verranno rifiutate le richieste di chi proviene da paesi considerati sicuri dall’Italia, a meno che il singolo richiedente non dimostri che la sua situazione specifica è degna di tutela.

«Negli ultimi 14 mesi non si è fatto nulla su questo fronte», ha attaccato Luigi Di Maio, mirando in modo esplicito alla gestione dei migranti condotta da Salvini. Sottinteso: il nuovo governo ha subito preso in mano la questione. Questo, secondo il ministro degli Esteri, è un primo passo. La lista dei paesi «può essere allargata» e bisogna continuare a lavorare per la stabilizzazione di altri paesi, uno su tutti la Libia.

Questa, dunque, la ricetta del Conte bis per governare i flussi: non solo redistribuzione in Europa, ma rimpatri e limitazione delle partenze. In quest’ottica, ha osservato Di Maio, la cooperazione allo sviluppo rappresenta una «leva per fare sì che da questi paesi non si parta più».

Sul fronte degli accordi per l’accoglienza, la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, ha spiegato che il pre- accordo raggiunto nel corso del vertice a cinque tra Malta, Italia, Francia, Germania e Finlandia, sarà esaminato a Lussemburgo martedì 8 ottobre. Per ora è «un work in progress» : «Noi lo presenteremo e poi ogni Stato dovrà verificarlo, non è prevista una firma il giorno dopo. Raggiungeremo un risultato se si arriverà a un numero di Stati aderenti tale da garantire una gestione complessiva del fenomeno a livello europeo».

Sul fronte dell’opposizione, l’ex ministro Matteo Salvini non ha accettato di buon grado la mossa degli ex alleati. «Intanto sono triplicati gli sbarchi», ha fatto notare. «Se Di Maio, Conte, Lamorgese, qualcuno si sveglia fanno un servizio agli italiani. Poi quello che accadrà tra 4 mesi sarà interessante vederlo. Intanto questo governo ha calato le braghe e riaperto i porti», è stato il commento.

Nel merito del decreto sui rimpatri, ha invece sottolineato che «L’unico risultato di questo governo mi sembra demenziale. Non solo non vietiamo più l’ingresso delle navi - ha aggiunto Salvini - andiamo noi a prenderli. In merito, ho fatto una interrogazione, per capire quale è il criterio con cui fanno lavorare donne e uomini italiani in mare».

La battaglia politica sul tema dei migranti, dunque, è lontano dall’essere chiusa.