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Stefano Bonaccini
Volano gli stracci tra i riformisti del Pd dopo la rottura totale con l’ex capo Stefano Bonaccini, di fatto sfiduciato a margine della direzione dem convocata dalla segretaria Elly Schlein a pochi giorni dal via delle Regionali.
Del resto la tensione si era accumulata già nelle scorse settimane, quando era evidente che buona parte della minoranza del partito non si riconosceva più in colui che fino ad allora l’aveva rappresentata dopo aver perso le primarie proprio contro Schlein.
E dunque ora quel mondo riformista vuole tornare a prendere voce dopo essere stato «congelato» per due anni e mezzo ( questo il termine usato da chi ha vissuto e sta vivendo da dentro la questione) fino alla gestione unitaria del Nazareno con una segreteria «che peraltro non viene praticamente mai riunita». Da qui la rottura, consumatasi nel scorso di una pre- direzione convocata lo scorso weekend da Bonaccini alla quale però gran parte dei riformisti non ha partecipato. «L’assenza è stata vista come lesa maestà da Bonaccini, il quale dobbiamo dirlo l’ha presa un po’ sul personale», confida una fonte interna secondo la quale «il suo obiettivo era quello di mantenere lo status quo ma è chiaro che in un momento del genere questo non è più possibile».
Quella che viene denunciata è dunque un’ «afasia» del mondo riformista tale per cui di certi temi, dalla politica internazionale alla sicurezza, nel partito si preferisce non parlare. Da qui l’idea di un evento che si celebrerà a Milano il 24 ottobre in cui i riformisti, orfani di Bonaccini, si ritroveranno per aprire una discussione su tali questioni. Un’iniziativa tematica, dalla quale s ribadisce che «non nascerà alcuna corrente di cui non frega niente a nessuno», ma che di certo sarà vista con interesse anche da chi, come il leader di Iv Matteo Renzi, sta costruendo la “quarta gamba” del campo largo, cioè quella “casa riformista” che prenderà corpo alla consueta kermesse renziana della Leopolda prevista tra due weekend.
C’è anche chi ha lavorato per tenere unite le due anime riformiste dentro il Pd, provando in ogni modo a evitare che certe contraddizioni esplodessero. Ma a un certo punto il chiarimento doveva avvenire, anche se in più d’uno contesta le tempistiche, visto che siamo ormai a ridosso del voto nelle Marche. A spaccatura avvenuta, a confrontarsi ora sono in sostanza due linee di pensiero, tra chi vuole restare in segreteria per influenzare le decisioni del partito ad esempio sull’Ucraina e per pesare nella scelta dei candidati alle elezioni locali e chi insiste per uscire dalla segreteria Schlein.
«Penso che l’unità dell’area dei riformisti sia un valore e che si possa contribuire alla vicenda politica del Pd in maniera efficace stando uniti - spiega Alessandro Alfieri, esponente riformista nella segreteria del Nazareno in qualità di responsabile Riforme - per quanto mi riguarda proverò a farlo fino all’ultimo secondo utile, dopodiché ognuno si prenderà le proprie responsabilità».
Un ragionamento che testimonia tutte le difficoltà di chi, come Alfieri, deve fare da “colomba” in una situazione arrivata ormai al punto di non ritorno, con espressione come «riformisti da salotto» usata dallo stesso Bonaccini che di certo non aiutano.
Nel dibattito si inserisce anche la posizione del partito sulla riforma della giustizia, che è di netta contrarietà come più volte annunciato dalla stessa Schlein. Ma se su questo tema è difficile se non impossibile immaginare voti in dissenso in sede parlamentare, tuttavia la questione giustizia è un altro di quei temi su cui «una maggiore discussione sarebbe utile», segnala un esponente dell’area riformista.
Non è un segreto che personalità del calibro di Giorgio Gori abbiano sul tema posizioni non esattamente in linea con quelle di Schlein, per usare un eufemismo. E dunque «parlare anche delle questioni su cui c’è una certa convergenza non fa mai male, perché essere inquietati da dubbi e ragionamenti è quantomai utile». Insomma, quel che i riformisti chiedono è una maggiore discussione interna che chi doveva proporla, come Bonaccini, ha invece secondo loro contribuito a metterla da parte. E che per questo, senza mezzi termini, è stato di fatto sfiduciato.