Ha ripreso malamente corpo il tema delle riforme costituzionali che, come una sorta di fiume carsico, riaffiora e si inabissa. I propositi del Ministro Fraccaro e della maggioranza, o almeno di una parte di essa, sembrano voler seguire ancora una volta le facili strade della propaganda, piuttosto che sanare le storture che ammorbano le Istituzioni. La storia, purtroppo, non insegna. Anche sul tema delle riforme su cui scontiamo decenni di ritardo, il governo del cambiamento rischia quindi di proseguire su una linea di inquietante continuità, affrontando con lo stesso deleterio approccio settario e di parte, che ha prodotto paralisi e fallimenti lungo il corso di tutta la seconda repubblica, la materia costituzionale.Eppure, nonostante le recenti esperienze non proprio foriere di fortune di ogni sorta, abbiamo un disperato bisogno di una vera riforma. La nostra democrazia ed i suoi istituti necessitano di interventi radicali, poiché forte e duratura è la crisi che le interessa. Erano urgenti ieri, quanto taluni che oggi albergano nei palazzi gridavano lintangibilità della più bella del mondo, lo è ancor più oggi, con un dopo voto che ha messo ancor più in evidenza tutte le contraddizioni esistenti.Tralasciando il tema non secondario delle procedure, visto e considerato che le norme del 138 si sono fin qui dimostrate inadeguate ad affrontare un percorso strutturale, non possiamo quindi ignorare lesistenza di un radicato problema di funzionamento istituzionale ( dal rapporto Parlamento esecutivo a quello Stato Regioni, passando per lOrdine giudiziario) preceduto da una più grave questione di rigenerazione della vita democratica.Personalmente, valuto positivamente il fatto che si voglia giocare la partita su questultimo aspetto. Infatti, non cè alcun dubbio sulla necessitàdi dare più voce, forza e protagonismo ai cittadini. Ma pensare di farlo disarticolando la stessa democrazia rappresentativa, peraltro anche con una riforma folle dellistituto referendario, equivale a voler minare le fondamenta dello Stato di diritto nella sua concezione liberaldemocratica.Ma è proprio questo aspetto unito ad una insofferenza cronica, se non ad un vero e proprio disprezzo verso il Parlamento, i corpi intermedi, ad una visione moralista e giacobina della politica e della società con una teorizzazione di forme platoniche di democrazia diretta, a rendere inquietante in premessa ogni annuncio.Se lipocrisia non regnasse sovrana, se la storia più e meno recente divenisse materia di studio e non di mero dileggio, bisognerebbe ammettere che la strada per ridare centralità e corrispondenza istituzionale alla volontà dei cittadini, allo stesso Parlamento, è il Presidenzialismo.Un Presidente votato direttamente dal popolo ( quello vero), dalla maggioranza degli italiani. Su questo terreno siamo certi che una larga parte del parlamento sarebbe disposta a raccogliere la sfida. Ma, altrettanto, siamo convinti che i pentastellati, ormai avviluppati in una logica tutta spartitoria, chiusi nelle loro contraddizioni passate e future, ci costringeranno allennesima battaglia di retroguardia. E il tempo, va. Come il Paese.