Dopo anni di gelo col premier, Matteo Richetti torna alla Leopolda da protagonista. Il parlamentare emiliano apre oggi a Firenze l'appuntamento più atteso dell'anno per il renzismo. Il clima sembra quello dei vecchi tempi, quando i due Matteo giravano il Paese per rottamare la vecchia politica o quando Richetti era considerato il braccio destro del giovane premier. Critiche e attriti sembrano acqua passata.Oggi sarà lei il padrone di casa a Firenze. Perché si erano raffreddati i rapporti con Renzi?Non manco a un'edizione della Leopolda dal 2011. I rapporti tra persone mature non si raffreddano, non siamo compagni di classe, siamo dentro a un'esperienza politica e con il presidente del Consiglio c'erano state valutazioni diverse. Non sui provvedimenti messi in campo dal governo, le mie critiche riguardavano la gestione del partito.In che occasione Renzi le ha chiesto di aprire la kermesse?Diciamo che l'appuntamento referendario nelle ultime settimane ha infittito le nostre comunicazioni. E, a fronte di un'interlocuzione quotidiana, mi è arrivato un sms in cui mi chiedeva: «Apri tu l'edizione della Leopolda di quest'anno? ». Io ho detto subito di sì.Che Leopolda sarà?Sarà la Leopolda della prossimità ai problemi dei cittadini, legata a una situazione di emergenza e di drammaticità. Fatalità vuole che io abbia chiuso la Leopolda del 2012 dopo il terremoto dell'Emilia e apro quella del 2016 dopo quello del Centro Italia. Ma ci saranno anche spazi per parlare di lavoro, economia, ambiente. E un forum specifico sulle ricadute della modifica della Costituzione. Vogliamo ragionare, senza scontri, su cosa accadrà una volta che la nuova Costituzione sarà in vigore, racconteremo l'Italia del futuro a partire da questo tassello, senza enfatizzare.E se vincesse il No che Italia sarebbe?Un Paese che perde un'opportunità straordinaria di riforma e cambiamento. Non lo dico da sindacalista del cambiamento a prescindere, però credo che l'Italia non abbia mai conosciuto nel recente passato una stagione politica così intensa. Siamo però passati da anni in cui la cronaca si occupava di compravendita di senatori, di bunga bunga e di scandali che interessavano i protagonisti della politica, a una situazione in cui si parla di lavoro, scuola, sanità, economia, giovani. Pur se con toni accesi, abbiamo ridato al Paese un dibattito un po' più normale.Indipendentemente da chi vincerà il referendum, i sondaggi disegnano un Paese spaccato. Il 5 dicembre come si ricucirà la frattura con gli "sconfitti"?Il problema è che non siamo stati ancora in grado di non dipingerlo come un appuntamento che non è un giudizio sul governo, né tanto meno sulla persona di Matteo Renzi.Forse perché è stato il premier il primo a personalizzare lo scontro?Il fatto che il presidente del Consiglio abbia messo in campo, nella fase iniziale, il tema della prosecuzione della stagione di governo non giustifica l'atteggiamento quasi psicologico di votare No perché "mi sta antipatico Renzi". Se vince il No io vorrei che vincesse perché gli italiani sono convinti che il bicameralismo va bene così com'è, che le competenze tra Stato e Regioni vanno bene così, e così via. Per fare un dispetto a Renzi ci sarà tempo, ci saranno le elezioni.È stato un errore dire: «Se perdo me ne vado a casa»?Ma lo stesso Renzi ha ammesso di aver commesso un errore. Ma non nascondiamoci dietro un dito, che questo sia un appuntamento con una valenza politica va da sé. Come accade in tutti i Paesi democratici, non si rimane indifferenti all'esito delle urne, senza scomodare Cameron e la Brexit.Cosa accadrà al suo partito dopo il referendum?Il Pd, a prescindere da tutto, è di fronte a una stagione congressuale. Va da sé che ci saranno ricadute anche sul partito in caso di fallimento dell'iniziativa referendaria. Il mio partito si ritroverebbe al centro di una discussione che rimanda indietro le lancette dell'orologio a un altro modo di intendere la politica.Nel senso che il Pd tornerebbe in mano alla "ditta"?No, nel senso che torneremo nella stagione dell'atteggiamento proporzionale, cioè quello che si allontana dai cittadini per consentire alla politica di costruire propri equilibri e proprie dinamiche decisionali.L'Italicum è la migliore legge elettorale possibile?No, non è la migliore legge possibile. Ma a me Andreatta e Gorrieri hanno insegnato che la politica senza mediazione non è politica. L'Italicum è il momento più avanzato al quale questo Parlamento è riuscito ad arrivare. E il confronto non si fa sul sistema elettorale ideale, come fa il nostro ex presidente D'Alema che dice "noi siamo sempre stati per il collegi uninominali". Purtroppo noi da soli non abbiamo i numeri in Parlamento.Che ne pensa della proposta di Alfano di rimandare il referendum per il terremoto?Che non sta né in cielo né in terra. Non riesco a capirne il perché. Il governo deve impegnarsi per la ricostruzione e ogni singolo ministro dovrà affrontare i problemi che gli competono ma questo non ostacola in nessun modo un dibattito tra i cittadini.Una parte del fronte del Sì preferirebbe prendere tempo per recuperare lo svantaggio?Secondo me chi sta facendo dibattiti sul referendum con i sondaggi sotto gli occhi continua ad avere una visione distorta della realtà. Mi pare che il tempo per discutere non sia mancato. Questo referendum doveva tenersi a ottobre, poi è slittato a novembre e infine è stato fissato a dicembre. E adesso vorremmo un altro rinvio? Se questa istanza viene dai sindaci del terremoto la rispetto, ma se deve essere un atteggiamento tattico mi rifiuto anche di discuterne.