E' un caso isolato la Sicilia? Tutto può essere, però non ci crede nessuno. Il fatto poi che l'accordo tra Renzi e il plenipotenziario forzista Micciché sia arrivato proprio mentre al Senato la legge Zan veniva falciata da un nutrito gruppo di franchi tiratori, molti dei quali per unanime sospetto renziani, conferma quella che nei palazzi della politica è una certezza. Non solo sono iniziati ufficialmente i giochi per il Colle ma non è affatto detto che la manovra ancora non chiara in atto si fermi oltre la soglia del Quirinale.

La candidatura al Quirinale di Berlusconi

Nel Pd mettono in fila diversi elementi e ne traggono conclusioni da panico. Nel voto sulla Zan il centrodestra era schierato al gran completo e con vistosa compattezza. Non era affatto detto in partenza. Alla Camera Fi aveva trattato intervenendo direttamente sul testo poi approvato. Molti senatori erano a dir poco dubbiosi e la stessa capogruppo Bernini, non molto tempo fa aveva sì criticato questo testo insistendo però sulla necessità di modificarlo senza affossarlo. Inoltre la presenza di tutti i senatori azzurri, anche nelle occasioni di grido, a palazzo Madama è evento più unico che raro. Significa che l'esercito è schierato senza distinguo dietro Salvini oggi e dunque lo sarà certamente dietro il candidato capo dello Stato Berlusconi cavalier Silvio domani.

Cosa c'è dietro la manovra di Renzi

Il secondo elemento è proprio Renzi. Neppure il suo voto contro la Zan era certo. Al contrario, con gli articoli in aula e molti voti segreti avrebbe potuto far ballare il Pd a ritmo tarantolato, esercitandosi di voto in voto nella gradevole parte di ago della bilancia. Se l'ex premier ha rinunciato a interpretare quella parte un motivo deve esserci e deve essere un motivo di tangibile importanza. Il fatto poi che nelle stesse ore sia stata ufficializzata la nascita del laboratorio siciliano non può essere una pura coincidenza.

La terza sirena d'allarme la fanno suonare i numeri. Anche se tutti i senatori renziani avessero votato per il siluramento del ddl Zan, e non è affatto sicuro, sarebbero avanzati comunque cecchini di altra estrazione. Vuol dire che nelle file del sedicente centrosinistra c'è un ventre molle incontrollato e almeno in parte esposto alle sirene del mercato berlusconiano, che in questo campo, come ben sanno i proverbiali Scilipoti e Razzi, è ferrato.

La forza della destra e dei centristi

I tre particolari, sommati, prospettano un quadro da incubo per il sedicente centrosinistra. In quella visione oscura Berlusconi incassa nelle prime tre votazioni centinaia di voti, quindi li mette sul piatto della bilancia a supporto di un candidato scelto da lui e Renzi, che coglierebbe al volo l'occasione offerta dal “ritiro” della candidatura Berlusconi per “raccogliere il segnale di disponibilità”. La conclusione desolante della lunga saga Zan, infatti, ha dimostrato chiaramente uno spiacevolissimo dato di fatto: destra e centristi hanno i numeri per scegliere loro il capo dello Stato e sono sufficientemente compatibili per farlo.

Salvo ripensamenti di Sergio Mattarella, la sola difesa contro questo esito, per l'alleanza Pd- 5S- LeU è spingere la candidatura Draghi prima che siano Renzi a Salvini a mettere su quella opzione la loro targa. Non è una missione impossibile, anche se le difficoltà non mancano nemmeno su questo fronte. Il problema però non sarebbe risolto.

Difficile che Renzi si avvicini al centrodestra

È infatti improbabile uno spostamento secco di Renzi e di Iv nell'area del centrodestra. Troppa la distanza anche culturale tra i renziani e gli ex missini di Giorgia Meloni, perché è proprio nel Msi più che in An che FdI affonda le proprie radici. E anche pensare che Renzi abbia rinunciato al sogno di scalare di nuovo il Pd, o di vampirizzarlo dall'esterno, significa non conoscere l'uomo.

L'obiettivo è piuttosto occupare la postazione centrale che ha già fatto le fortune di parecchi leader politici: quella che fu di Ghino di Tacco, al secolo Bettino Craxi, ma anche, in tempi molto più recenti e con modalità assai più sgangherate, dei 5S in grado di passare da un'alleanza a quella opposta senza quasi battere ciglio. L'ago della bilancia insomma, con a disposizione i classici “due forni”. Oggi, con i sondaggi che registrano puntualmente l'inconsistenza di Iv e l'impopolarità del suo leader, sembra una chimera. Ma in Italia le cose cambiano in fretta e nessuno lo sa meglio di Renzi che lo ha imparato a proprie spese.