Le anime del Pd rimangono in subbuglio. Matteo Renzi, artefice del colpo di teatro dell’appello al governo istituzionale che ha rimesso in gioco (almeno nel dibattito pre-crisi) il Pd, è tornato ad attaccare Matteo Salvini e i suoi tentativi di ricomporre la crisi: ' Salvini deve scegliere se perdere la poltrona o perdere la faccia. Potrebbe perdere entrambe. Mai vista una crisi gestita cosi'. Se non fosse una cosa seria ci sarebbe da ridere. Il capitano si e' impaurito di brutto. E dunque offre tutto a Di Maio”. Dunque, di fronte alla confusione, ribadisce la disponibilità a “un governo istituzionale per salvare le famiglie dall'aumento dell'Iva e per evitare che l'Italia sia isolata in Europa'. Da altro fronte, il capogruppo Pd Graziano Delrio ( sbeffeggiato da Carlo Calenda) ha lanciato l’ipotesi di un contratto di governo “alla tedesca”, come tra Spd e Cdu. Temi da mettere nero su bianco: lavoro, taglio del cuneo fiscale, salario minimo e green deal.

Dal Nazareno, tuttavia, il sentimento è quello di proseguire coi piedi di piombo. “Ancora c’è un governo”, si ragiona sul fronte del segretario Nicola Zingaretti, che rifiuta l’ida di “governicchi per fare la manovra e basta” e chiede che le condizioni per una nuova maggioranza siano “vere, serie e di alto profilo”. Altrimenti, l’alternativa è chiara e la dice ad alta voce lo stesso segretario: “Prepariamoci al voto, il Pd è pronto”. Zingaretti, infatti, ha definito un “errore aprire dibattiti su scenari futuri” e sottolineato come “solo nello sviluppo dell'eventuale crisi di Governo sotto la guida autorevole del Presidente Mattarella si potranno verificare, se esistono, le condizoni numeriche e politiche di un Governo diverso”. Insomma, la strategia rimane quella della guerra di trincea. Tuttavia, almeno per ora, il fronte sembra rimanere compatto: lo stesso Delrio ha ricordato come “Sarà Zingaretti a fare sintesi” e lo stesso Renzi, nei giorni scorsi, ha ribadito che il governo istituzionale da lui proposto dovrebbe essere pilotato dai segretari di partito.