Dal nostro inviato alla Leopolda È forse il momento più atteso della Leopolda, quello in cui Matteo Renzi prova a dare la sua versione sulla vicenda Open, un «processo impressionante», dice che ha richiesto l'impiego di centinaia di uomini delle forze dell'ordine per riempire quelle 92 mila pagine. «Tantissime persone sottratte al loro lavoro di contrasto alla criminalità per dedicarsi al reato di finanziamento illecito alla politica». «Matteo Messina denaro ricercato con meno risorse di Matteo Renzi», si scalda il leader di Iv, puntando il dito contro lo «sputtanamento», contro la «violazione della privacy», attraverso la pubblicazione di conversazioni e immagini private, non solo di un cittadino ma di un «parlamentare». «Hanno cercato tra le mie mutande» per  un processo «politico alla politica», ribadisce Renzi, un processo «kafkiano», dove dovrà discutere con i magistrati  - che hanno «fatto pesca a strascico», sequestrando telefonini, iPad e computer di «gente che non c'entrava niente» -  di cosa è politica e cosa non lo è. Eppure Renzi dice di non aver «niente da temere» da questo processo, sono «altri a doversi preoccupare. Perché noi  non abbiamo violato nessuna legge, spero che altri possano dire la stessa cosa. A partire dagli inquirenti». Perché il finanziamento illecito «cosa fa venire in mente?», si chiede retoricamente il senatore. Che poi si risponde: «Che ci siano dei soldi non denunciati, presi di nascosto. Poi scopri che quei soldi non solo sono tutti tracciati, ma sono tutti bonificati». Il tema del contendere, dunque, «non è il finanziamento illecito, è la politica. Perché questi denari sono andati a una fondazione, un istituto giuridico previsto dalle normative». Solo che per gli inquirenti quella fondazione si comportava in realtà da partito. «E chi lo ha deciso? E cosa cambia nella sostanza?» La differenza, secondo Renzi, «è che se i soldi vanno a una fondazione vanno rendicontati col "modulo A", se vanno a un partito vanno rendicontati col "modulo B". Il paradosso è che il modulo B è più conveniente. Noi avevamo tutto l'interesse a farlo come partito, perché avremmo avuto delle detrazioni maggiori». Il problema dunque è che qualcuno vuole decidere cosa è politica e cosa no. Ma «nei paesi democratici le forme della politica le decide il Parlamento. Lì dove è un giudice penale a deciderlo non è democrazia». La Leopolda, organizzata da Open, «non era un'iniziativa del Pd», insiste il leader di Iv, «anzi, venivamo sommersi dalle polemiche perché non volevamo bandiere di partito». Eppure il pm dice che alla Leopolda si svolgeva l'attività organizzata da un partito o da una corrente. Ma «che la Leopolda fosse un evento culturale lo dimostra un'ordinanza della Cassazione che dice espressamente che si trattava di "un'iniziativa culturale diversa da quella di un partito politico"». Forse «i magistrati pensano che le correnti in politica funzionano come nella magistratura. Ma non è così. Se facessimo ciò che fa il Csm prenderemmo avvisi di garanzie per traffico di influenze. La corrente dei renziano semplicemente non esisteva», aggiunge Renzi. Che po cita un passaggio di un articolo di Nello Rossi, magistrato in pensione e direttore della rivista di Magistratura democratica, secondo cui attorno all'ex premier va «stretto un cordone sanitario». «Quando verremo giudicati potremo chiedere se quel pm è di Md. E potrò chiedere, in caso, se ritiene anche lui di dover stringere un cordone sanitario attorno a me?» Non mancano le frecciate agli ex compagni di partito che a Firenze sono andati a deporre "contro" l'ex segretario. «Pier Luigi Bersani ha detto che Renzi voleva tagliare le radici della sinistra storica e sindacale. Sì, è vero. Tant'è che abbiamo preso il 40 per cento.  E quella sinistra storica ha lavorato dall'interno per distruggere il Pd. Bersani ha detto che avevo una cassa personale dentro il Pd. Vorrei ricordare che Bersani ha ricevuto 98 mila euro dai Riva a Taranto che hanno finanziato la sua campagna elettorale. Prima di parlare di etica con me pensi alla sua campagna elettorale. Su questi temi sono pronto a discutere con tutti. Con D'Alema che è riuscito a distruggere Mps, con Bersani, coi 5 Stelle che prendevano i soldi dal Venezuela», scandisce Renzi, mentre la platea si alza ad applaudire esaltata. Una standing ovattino per un leader che non sembra intenzionato a mollare la presa di un millimetro.