«Non sarà di certo l’ultimo». Risponde così il leader di Italia viva, Matteo Renzi, alla domanda se seguiranno altri arrivi dopo quello ufficializzato del senatore ex Pd, Enrico Borghi, alla corte dell’ex presidente del Consiglio.

Un passaggio di casacca significativo, sia perché Borghi è stato per anni un pezzo da 90 del Pd e soltanto nelle ultime settimane, con l’approdo della segreteria di Elly Schlein, si era trovato in disparte rispetto al gruppo dirigente, sia perché il senatore di Villa d’Ossola è membro del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, nel quale quindi il terzo polo, e in particolare Iv, si trova ora ad avere un altro componente, oltre al già presente Ettore Rosato.

«Il 25 febbraio (giorno della vittoria delle primarie di Elly Schlein, ndr) il Pd ha operato una mutazione genetica», ha detto Borghi in conferenza stampa al Senato, accanto allo stesso Renzi e alla capogruppo del terzo polo a Palazzo Madama, Lella Paita. Borghi ha sottolineato che non sarà mai un avversario né tanto meno un nemico dei dem, ma che «la politica è comprendere le cose per come evolvono e non per come vorremmo che fossero», in riferimento all’assenza di un’adeguata considerazione dell’ala riformista nel nuovo partito immaginato da Schlein.

Borghi, che si è definito un «kennediano moroteo» e ha spiegato di aver preso la decisione in maniera individuale, senza confrontarsi con nessuno, diventa così il decimo senatore del terzo polo e il sesto di Italia viva, che avrebbe così il numero minimo per creare un gruppo a parte, qualcosa volesse. Eventualità che secondo Renzi non è all’ordine del giorno. «Chi sarà il prossimo? Non lo so - ha risposto Renzi al Dubbio in conferenza stampa - Se ci sarà un prossimo? Sì. Io non sto lavorando per questo, ma è evidente che ci saranno altri arrivi».

Per il leader di Iv «se Schlein è fedele sui temi su cui ha vinto il congresso, va verso il massimalismo» mentre «se non lo fa, tradisce se stessa» e «questo tema c’è ed è un macigno». Il terzo polo insomma è pronto ad accogliere altri parlamentari in uscita dai dem, perché «il mondo del cattolicesimo democratico non può sentirsi a casa con chi parla di GPA e dice pure che è una posizione personale senza assumersi la responsabilità di una posizione politica». Il riferimento è alle posizioni di Schlein sui temi etici, mentre Borghi non ha mancato di sottolineare l’importanza della mancanza di una delega su difesa e sicurezza come uno dei fattori che l’hanno spinto all’uscita. Un’uscita che Renzi ha definito «un gesto forte» per il quale «serve coraggio». Secondo l’ex presidente del Consiglio «lo spazio del terzo polo in certi momenti sembra esaurirsi e poi invece si allarga, a fisarmonica» perché «questo spazio c’è e non possiamo non prenderne atto».

Dal Pd, a commentare l’uscita di Borghi è Lorenzo Guerini, presidente del Copasir e della corrente di Base riformista, la stessa di Borghi prima dell’addio. «Rispetto la scelta di Enrico Borghi ma non la condivido - ha detto Guerini - Sono sempre stato contrario all'idea di risolvere i problemi politici con le scissioni e infatti mi sono sempre impegnato in passato per evitarle, dopo di che non bisogna né drammatizzare l'uscita di Borghi, ma neanche derubricarla e risolverla con un'alzata di spalle».

E se per la vicepresidente dem della Camera Anna Ascani l’addio di Borghi è «un grave errore», il capogruppo Pd al Senato, Francesco Boccia , si dice «amareggiato e deluso», mentre fonti di Iv sottolineano come i dem siano rimasti «spiazzati» dalla mossa e promettono altri passaggi nel prossimo futuro.