Se Atene piange, Sparta non ride. Come infatti il centrodestra sta faticando non poco per trovare una quadra sulle candidature alle Regionali, con la Basilicata del forzista Vito Bardi prossimo obiettivo di Fdi dopo la fuoriuscita del leghista Christian Solinas dalla corsa in Sardegna, anche Pd e M5S stanno discutendo per trovare dei nomi comuni per le principali Regioni al voto.

L’unica scelta già approvata è quella dell’ex rettore dell’Università di Teramo, Luciano D’Amico, che cercherà di togliere dallo scranno pilato d’Abruzzo il meloniano di ferro Marco Marsilio, la cui ricandidatura non è in discussione. Ma quello di D’Amico è un caso particolare, visto che è sostenuto da un campo “larghissimo” che da Iv arriva ad Avs, passando anche per Azione, Pd e M5S. Un caso più unico che raro, insomma, e che difficilmente sarà ripetibile altrove.

A cominciare dal Piemonte, dove i fasti politici della sinistra dell’era Chiamparino sono ormai un lontano ricordo e il Pd, se vuole provare a contendere la Regione all’azzurro Alberto Cirio, dovrà fare il possibile per portare in coalizione anche i pentastellati. I quali, alla base di ogni ragionamento, mettono l’estinzione di qualsiasi ipotesi di costruzione di un’ulteriore inceneritore, tema sul quale i grillini fecero già saltare l’alleanza con i dem nel Lazio ( e, almeno questo era il motivo ufficiale, il governo Draghi).

Dopo il rischio di uno strappo tra le delegazioni impegnate nelle trattative, lo scorso weekend un intervento diretto di Schlein e Conte ha riportato tutti al tavolo, e il round decisivo è previsto per oggi. Il nome che va per la maggiore è quello di Chiara Gribaudo, schleiniana doc e pronta a scendere a patti con il M5S e ottenerne il sostegno.

Su quali punti? Diritto allo studio, ciclo dei rifiuti e mobilità sostenibile in primis, anche se i dirigenti locali del Pd sembrano avere idee diverse sul da farsi. Troppe ancora le scorie lasciate dall’amministrazione di Chiara Appendino, che strappò la città a Piero Fassino in quella che rimane una delle vittorie più inaspettate e sorprendenti dei tempi d’oro del grillismo. Cirio, al momento, dorme sonni tranquilli, ma certo la possibile alleanze tra Pd e M5S potrebbe dare filo da torcere all’alleanza di governo.

Oltre che in Abruzzo, dem e pentastellati hanno trovato la quadra anche in Sardegna sotto il nome dell’ex vice di Conte, Alessandra Todde, e proprio per questo il Nazareno vorrebbe imporre un proprio nome in Piemonte, per riequilibrare. Ma proprio al Nazareno sono ancora alle prese con la grana Renato Soru, che da quando ha deciso di rompere con il partito per candidarsi in solitaria ha ottenuto due risultati: il sostegno di Azione e il silenzio della figlia. Camilla Soru, infatti, consigliera regionale del Pd, non parla più al padre dallo strappo di quest’ultimo, e presumibilmente il divorzio in famiglia andrà avanti almeno fino al 25 febbraio.

Paricolari i casi delle due Regioni più piccole che andranno al voto quest’anno. In Basilicata i dem avevano lanciato la candidatura del civico Angelo Chiorazzo, alla guida della coalizione Basilicata Casa Comune cui, però, non ha aderito il M5S. Nei giorni scorsi però i dem lucani hanno però aperto all'ipotesi primarie per «una leadership condivisa nel centrosinistra», come ha spiegato il segretario regionale Giovanni Lettieri, «fermo restando» la candidatura Chiorazzo. Cosa questo significhi, lo scopriremo solo vivendo.

Resta l’Umbria, dove la presidente uscente Donatella Tesei, della Lega, dopo il caso Solinas non è più sicura della ricandidatura e se questo potrebbe provocare u terremoto nel centrodestra allo stesso tempo potrebbe incoraggiare il campo largo a un’alleanza anche nel cuore verde d’Italia. Alleanza che, cinque anni fa, si concretizzò a poche settimane dal voto sotto il nome dell’imprenditore di Norcia Vincenzo Bianconi, ma che non andrà granché oltre la foto opportunity con Zingaretti, Conte, Speranza e Di Maio. Cinque anni e due segretari del Pd dopo, l’alleanza strutturale tra dem e M5S è ancora di là da venire.