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EUGENIO GIANI PRESIDENTE REGIONE TOSCANA
In Toscana vince Eugenio Giani, ma a stravincere è l’astensionismo. Con un’affluenza ferma al 47,7%, la regione un tempo simbolo della partecipazione civica registra il minimo storico: più della metà dei toscani è rimasta a casa. Nel 2020 votò il 62,6% degli aventi diritto, nel 2015 il 48,2%. Mai così pochi elettori alle urne, nemmeno nei momenti di disincanto più acuto. Un crollo verticale di quasi 15 punti in cinque anni, che segna una frattura profonda tra cittadini e politica, perfino in un territorio tradizionalmente abituato a riconoscersi nei riti democratici.
L’astensione record non è un dettaglio statistico, ma il sintomo di un logoramento che attraversa tutti i partiti. Sul piano politico, la Toscana si conferma roccaforte del centrosinistra, con Giani che ottiene la riconferma a Palazzo Strozzi Sacrati staccando nettamente il candidato del centrodestra Alessandro Tomasi (una quindicina di punti di vantaggio). Il Pd resta primo partito con più del 34%, seguito da Fratelli d’Italia attorno al 25%. Nella coalizione vincente spicca il risultato del polo riformista guidato da Matteo Renzi, la Casa Riformista, che con circa il 9% conferma la forza di un’area moderata e la capacità dell’ex premier di restare decisivo nel campo progressista. Più indietro Avs, al 7,3%, e Movimento 5 Stelle, fermo al 5,6%, ben lontano dalle ambizioni di rilancio nazionale.
Giani ha commentato sui social: «Sono emozionato. Grazie Toscana!», sintetizzando la soddisfazione per una vittoria che non era mai stata davvero in discussione, ma che assume un significato politico di continuità. Renzi, dal canto suo, ha rivendicato la scommessa vinta: «Una grande vittoria per Eugenio Giani e il centrosinistra, evviva. E ho l’impressione che Casa Riformista sia proprio una bella idea».
Dal fronte di governo è arrivato un messaggio disteso. «Congratulazioni a Eugenio Giani per la vittoria delle elezioni regionali in Toscana e auguri di buon lavoro. Un sentito ringraziamento ad Alessandro Tomasi e a tutta la coalizione del centrodestra per la dedizione e la passione dimostrate in una sfida impegnativa», ha scritto la premier Giorgia Meloni su X, riconoscendo la sconfitta ma difendendo l’impegno dei suoi.
Nel centrodestra, però, il clima è tutt’altro che sereno. Se Fratelli d’Italia e FI tengono, la Lega crolla a un impietoso 4,9%: il risultato peggiore mai registrato dal Carroccio in Toscana, addirittura inferiore a quello della lista radicale di sinistra “Toscana Rossa”. Una disfatta che riapre le ferite mai rimarginate nel partito e mette nel mirino la scelta di Roberto Vannacci come coordinatore della campagna elettorale.
Il generale, oggi vicesegretario della Lega, ha liquidato il risultato con tono laconico: «C’è poco da commentare, chi vota ha sempre ragione. Continuerò a lavorare per quei principi in cui credo, che partono dalla sicurezza, dal rimpatrio di chi è entrato illegalmente nei nostri confini, da più sviluppo e più infrastrutture». Parole che non basteranno a placare il malumore dei dirigenti locali, già insofferenti verso l’imposizione di Vannacci calata da Roma. La più nota tra loro, Susanna Ceccardi, aveva espresso settimane fa la propria contrarietà a una linea giudicata estranea alla cultura toscana della Lega delle origini.
La débâcle è così clamorosa che persino il Pd ironizza. «La Lega è passata dal 21% al 4%, se questo è l’effetto Vannacci speriamo che prosegua», ha commentato il responsabile organizzazione dei democratici Igor Taruffi, con una punta di sarcasmo. Il voto toscano diventa così un nuovo fronte di difficoltà per Matteo Salvini, già alle prese con il malcontento del Nord dopo la “cessione” della Lombardia a Fratelli d’Italia in cambio del mantenimento del Veneto.
Ora la sconfitta in una regione dove la Lega era riuscita, nel 2020, a superare il 21%, appare come il segno di un’involuzione profonda. Il partito è dilaniato tra chi chiede un ritorno al pragmatismo delle origini e chi, come il leader, insiste su un profilo identitario sempre più marcato. Ma a preoccupare davvero, al di là dei partiti, resta la metà dei toscani che non ha votato. È quella maggioranza silenziosa, disillusa e invisibile, che nessuno – né Giani, né Salvini, né Renzi – è riuscito a convincere a credere ancora nella politica.


