Si ferma poco sopra al 30% l’affluenza ai referendum su lavoro e cittadinanza, con la Cgil e il campo largo che si leccano le ferite e il centrodestra che esulta e parla di «sconfitta» per Schlein e alleati. I pronostici sono stati dunque ampiamente rispettati: i quesiti sul lavoro che puntavano ad abrogare il Jobs act (e non solo) hanno ottenuto poco meno del 90% di sì, ma balza agli occhi il fatto che il quesito che mirava a portare da dieci a cinque gli anni di residenza in Italia necessari per chiedere la cittadinanza ha visto i sì fermarsi al 65% circa.

Sul tema il leader del M5S Giuseppe Conte aveva dato libertà di voto e occorre notare che più di un terzo degli elettori del campo largo non hanno seguito la linea di Pd, Più Europa e Avs. «Il nostro obiettivo era raggiungere il quorum, questo obiettivo non l’abbiamo raggiunto» e dunque «quello che volevamo fosse una giornata di festa è evidente che non lo è». È il leder della Cgil Maurizio Landini il primo a metterci la faccia, parlando tuttavia di «battaglia fondamentale per la democrazia, perché la democrazia non regge quando il lavoro è precario».

Il primo commento di Schlein arriva solo nel tardo pomeriggio. «Peccato per il mancato raggiungimento del quorum, sapevamo che sarebbe stato difficile arrivarci, ma i referendum toccavano questioni che riguardano la vita di milioni di persone ed era giusto spendersi nella campagna al fianco dei promotori, senza tatticismi e senza ambiguità - il ragionamento della leader dem - La destra ha fatto una vera e propria campagna di boicottaggio politico e mediatico di questo voto ma hanno ben poco da festeggiare: per questi referendum hanno votato più elettori di quelli che hanno votato la destra mandando Meloni al governo nel 2022».

Un ritornello ripreso anche da Conte. «Leggo dichiarazioni ed esultanze sguaiate dei “tifosi” della politica - ha scritto il presidente M5S - Certo, avremmo voluto che si raggiungesse il quorum per i tanti lavoratori in difficoltà che avrebbero potuto riappropriarsi di alcune tutele e difese, ma considerate che è lo stesso numero di votanti (anzi alla fine potrebbero essere anche di più) con cui la maggioranza Meloni è arrivata al Governo e oggi decide di tagliare la sanità mentre aumenta sconsideratamente la spesa in armi». Lanciando poi una proposta: «Credo che lo strumento del referendum vada rivisto nelle modalità e nei paletti, abbassando il quorum in un Paese che affoga nell’astensione: bisogna premiare la partecipazione, la scelta».

Per i leader di Avs Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni «il quorum non è stato raggiunto, è vero, ma ci sono oltre 15 milioni di cittadine e cittadini che hanno scelto di votare, e con circa 13 milioni di Sì, lanciano un messaggio forte e chiaro, più forte persino del consenso che oggi regge Giorgia Meloni a Palazzo Chigi».

Di certo il risultato è molto negativo per il campo largo, che dopo la vittoria con Silvia Salis a Genova puntava a consolidare l’alternativa al centrodestra, e invece si è ritrovato diviso con i centristi, e un bel pezzo di Pd, che non è andato dietro a Pd, Avs e M5S. «I quesiti sul lavoro erano infatti ideologici e rivolti al passato, spero che sia chiaro che per costruire un centrosinistra vincente bisogna parlare di futuro, non di passato - ha commentato il leader di Iv Matteo Renzi, che del Jobs act fu il padre - Ingaggiare battaglie identitarie, infatti, fa vincere i congressi ma non fa vincere le elezioni: se vogliamo costruire un’alternativa a Giorgia Meloni bisogna essere capaci di allargare al ceto medio, non chiudersi nel proprio recinto ideologico. Sono convinto che riusciremo a farlo».

L’ex presidente del Consiglio respinge così l’idea del leader di Azione, Carlo Calenda, che parlando dei risultati dei referendum ha ipotizzato un nuovo centro. «Il referendum è ormai uno strumento di cui si è troppo abusato - ha detto Calenda - Avevamo per tempo avvertito i promotori della possibilità di non raggiungere il quorum. Non ci hanno ascoltato perché quello che li interessava veramente non era vincere, ma avere un’affluenza da poter rivendicare politicamente». Per Calenda «non si interviene via referendum su materie complesse come il lavoro e se la sinistra continua a farsi trascinare dalle battaglie ideologiche di Landini, Conte, Fratoianni e Bonelli non andrà da nessuna parte». Da qui l’appello: «è forse tempo che i riformisti di qualsiasi schieramento prendano atto che occorre costruire un’area liberale lontano dal campo largo e dalla destra sovranista».

Di certo nel Pd c’è chi chiederà conto della sconfigga alla segretaria Schlein, s non l’ha già fatto. «Una sconfitta profonda, seria, evitabile: purtroppo un regalo enorme a Giorgia Meloni e alle destre - ha scritto infatti a caldo la riformista e vicepresidente del Parlamento europeo, Pina Picierno - Fuori dalla nostra bolla c’è un Paese che vuole futuro e non rese di conti sul passato. Ora maturità, serietà e ascolto, evitando acrobazie assolutorie sui numeri».

Delusione anche tra le fila dei promotori del referendum sulla cittadinanza, in particolare per il segretario di Più Europa, Riccardo Magi. «È ovvio che la cittadinanza sia un tema divisivo, ma il nostro primo obiettivo era quello di portare nel dibattito pubblico questo tema», ha detto.

Si votava anche per il ballottaggio in due capoluoghi di provincia: Taranto e Matera. A Taranto ha vinto il candidato del centrosinistra, Pietro Bitetti, mentre a Matera nel momento in cui scriviamo il candidato del centrodestra Antonio Nicoletti e quello del centrosinistra Roberto Cifarelli sono ancora testa a testa.