In pochi sanno districarsi nel filo spinato dei commi della legge elettorale, uno di questi è il leghista Roberto Calderoli. Proprio lui, stratega della Lega in materia, è la mente dietro la richiesta di referendum promossa dal Carroccio e sostenuta da otto consigli regionali per chiamare i cittadini a decidere se abrogare la parte proporzionale del Rosatellum.

L’udienza si è svolta ieri davanti ai giudici della Corte Costituzionale, che si pronunceranno oggi sull’ammissibilità o meno della richiesta di consultazione popolare col seguente quesito: “L’abolizione del metodo proporzionale nell’attribuzione dei seggi in collegi plurinominali nel sistema elettorale della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica”. Se il referendum dovesse celebrarsi col via libera di Palazzo della Consulta e vincesse il sì, il risultato sarebbe una legge elettorale fortemente maggioritaria, con soli collegi uninominali.

La decisione della Consulta non è affatto scontata: il principale motivo di bocciatura potrebbe essere la non immediata applicabilità della nuova legge, ma Calderoli è stato furbo e ha legato il quesito alla delega al governo per ridisegnare i collegi ( in seguito al taglio del numero dei parlamentari approvato nel 2019), rendendo dunque incerta la valutazione.

«Sarà comunque una decisione storica», ha spiegato il professor Giovanni Guzzetta, che, assieme al collega Mario Bertolissi, rappresenta i promotori del quesito referendario. «Questa volta ci sono 3 aspetti nuovi: il primo è che il referendum si interseca con una riforma costituzionale, poi c’è una legge delega per modificare i collegi elettorali che può essere utilizzata per ridisegnarli se il referendum passerà.

Il terzo aspetto è che potrebbe essere l’ultima volta che si propone un referendum elettorale», questo perchè «nella proposta sul “Germanicum” ( l’attuale legge presentata in Commissione ndr) mancano i collegi uninominali e un referendum per introdurli non si può fare». Risultato, dunque, è che «dalla pronuncia della Corte dipende il destino del referendum elettorale nel futuro». Sul fronte opposto dell’inammissibilità della proposta, è intervenuto in udienza il professor Felice Besostri, che ha sottolineato come «se il referendum passasse si creerebbe un vuoto nella definizione dei collegi. Non regge la soluzione dei promotori che presuppon-gono un intervento legislativo».

Accanto ai pareri giuridici, impazza la polemica politica. La Lega, che punta a rimodellare il meccanismo elettorale in senso maggioritario, è intervenuta in forze, chiedendo che la Consulta dia il via libera al referendum per permettere ai cittadini di esprimersi. «La legge elettorale maggioritaria garantirebbe efficienza, modernità, stabilità, concretezza, quindi, mi auguro che la Consulta dia la parola al popolo come dovrebbe essere», ha detto il leader Matteo Salvini, che ha punto il governo: «Spero che non venga sottratto questo strumento di democrazia, perchè la legge elettorale non può essere chiusa in due stanze tra tre partitini che vogliono tornare al proporzionale per salvare la poltrona».

Dello stesso tenore, anche le dichiarazioni di Roberto Calderoli, presente all’udienza della Corte Costituzionale e uscito con prudente fiducia: «Ho avuto un’impressione positiva: la relazione è stata oggettiva e fedele al quesito, le posizioni di chi contrasta il referendum sono inconsistenti, molto forti invece quelle a favore della sua ammissibilità».

Incerto, infine, è anche l’impatto sul governo nel caso in cui arrivasse il via libera al referendum leghista. Se così fosse, si aprirebbe una stagione referendaria con il quesito sulla legge elettorale, oltre al referendum costituzionale confermativo della legge sul taglio dei parlamentari. Quanto agli esiti, la spinta del Carroccio potrebbe portare alla vittoria della riforma iper- maggioritaria e questo potrebbe portare a una conseguente blindatura dell’esecutivo Conte fino al termine della legislatura: con un sistema maggioritario, infatti, il centrodestra è dato come dilagante in tutti i collegi e votare prima del 2023 significherebbe consegnargli l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica.

Altra incognita è la riforma elettorale timidamente iniziata dal governo, con il disegno di legge presentato dal deputato 5 Stelle Giuseppe Brescia, che prevede l’assegnazione dei seggi su base proporzionale, con uno sbarramento del 5%. Se arrivasse prima della data del referendum, di fatto lo manderebbe all’aria. Difficile, però, che i tempi del dibattito possano essere così rapidi. Un passo per volta, dunque, e per ora la palla rimane in mano alla Consulta.