Il lavoro in Comune sì, ma solo se non convivi con la famiglia sbagliata. Ha diviso il paese la decisione dellamministrazione di Polistena poche migliaia di abitanti nel cuore della piana di Gioia Tauro, in Calabria di escludere una parte della cittadinanza dal bando pubblico per laccesso a 40 borse lavoro dedicate alle fasce di popolazione più povere. Un bando comunale destinato ai cittadini fino ai 40 anni detà a cui però è precluso laccesso ai parenti conviventi dei condannati per reati di mafia. Una sorta di esasperazione delle white list prefettizie che si usano per i contratti con la pubblica amministrazione ma che, in questa occasione, è disegnato su base familiare. Approfittando degli aumenti economici agli amministratori disposti con un uno degli ultimi decreti del Governo Draghi, lamministrazione comunale guidata da Michele Tripodi ha pensato bene di investire quel surplus finanziario per sostenere un progetto di avviamento al lavoro in una delle zone dItalia più colpite dalla disoccupazione. Centomila euro, in tre anni, che anziché rimpolpare i conti di sindaco e assessori saranno destinati al finanziamento delliniziativa: 400 euro al mese per sei mesi per ogni assegnatario del posto. Per accedervi, oltre a certificare la mancanza di reddito, il candidato deve però dimostrare di non convivere con un parente che abbia riportato condanne per reati legati al 416 bis, lassociazione mafiosa. Un provvedimento limite che sembra teso a spalmare le responsabilità penali personali con il proprio nucleo familiare e che, in centri come quello del reggino, finisce per colpire una parte non trascurabile della popolazione. Lo stesso ex sindaco del paese per dieci anni braccio destro dello stesso Tripodi in Comune si era dimesso, pochi mesi dopo lelezione a primo cittadino e senza mai essere stato sfiorato dalle indagini, a causa degli arresti eseguiti su richiesta della distrettuale dello Stretto che avevano coinvolto il suocero ed altri parenti da cui lo stesso politico aveva comunque preso le distanze. Liniziativa è stata annunciata con un video sui canali social del comune: «Il bando - dice Tripodi è uniniziativa che lamministrazione comunale ha adottato innanzitutto per dare una risposta alla disoccupazione dilagante e al bisogno sociale che cè, in un momento in cui la crisi economica ci sta travolgendo». Ma è nei requisiti per laccesso alle borse lavoro che le cose non tornano. Il candidato infatti, oltre a non avere riportato alcuna condanna penale, ad essere senza lavoro e dichiarare un reddito basso, deve anche «non avere, allinterno del proprio nucleo familiare, persone condannate per il delitto di cui allarticolo 416 bis». Una discriminante quella del casellario familiare pulito che ha fatto andare su tutte le furie le opposizioni in consiglio. «Si materializza lo squallore culturale dellantimafia da fumetto tuona sui social il capogruppo dopposizione Francesco Pisano . La mafia si sconfigge con gli esempi, con la cultura e con linclusione che strappi attraverso percorsi lavorativi come in questo caso, eventuali affiliazioni e culture contrarie alla convivenza civile. La responsabilità penale è personale e nessuno deve essere colpevolizzato per colpe altrui». E mentre la polemica sul bando per il lavoro che non cè che esclude i parenti dei condannati per mafia cresce, coinvolgendo anche la terza opposizione in consiglio ed allargandosi ai cittadini, il sindaco orgogliosamente comunista di Polistena difende le proprie scelte. «Dal bando sono esclusi coloro che convivono con persone che hanno condanne rincara Tripodi ai microfoni di LacNews24 . Dalle nostre parti questo fatto è indice di più di un sospetto, perché se una persona vuole può prendere le distanze. Chi non accetta quel modo di vivere se ne va da unaltra parte. Queste persone conclude il sindaco abbiano la bontà, troveranno sistemazione da unaltra parte ma non al Comune di Polistena».