A volte lo zelo ideologico fa perdere la ragione e il senso della misura. È il caso del quotidiano La Repubblica e del suo ansiogeno focus sulla nascita del Msi celebrata dai suoi nipotini oggi al governo.

In uno sciatto articolo dedicato a Pino Rauti «l’impresentabile», il quotidiano di punta del gruppo Gedi riesce a partorire la seguente considerazione: «Tutta la sua vita è stata nel segno d'una religione fascista irriducibile, pericolosamente ai bordi delle istituzioni democratiche, talvolta invischiata nelle più nefaste trame stragiste della storia repubblicana, dalle quali fu assolto in sede penale ma non sul piano morale, come disse il pubblico ministero nel processo per l'attentato di Piazza della Loggia».

Non sapevamo che il nostro ordinamento prevedesse addirittura un quarto grado di giudizio, quello “morale” di cui Repubblica si fa indignata interprete, sentenziando quello che i magistrati non sono mai riusciti a dimostrare in un’aula di giustizia. E non per “insufficienza di prove” come si legge sul giornale, ma per non aver commesso i fatti. Nessuno obbliga i suoi editorialisti a simpatizzare per Pino Rauti e per la sua storia “nera”, ci mancherebbe altro, ma neanche si devono sentire autorizzati a fare pezzi lo Stato di diritto pur di tirare una sassata contro il governo Meloni.