Può capitare a tutti, anche ai politici naturalmente, una battuta infelice, strumentalizzabile e quant’altro, specie quando si parla a braccio, improvvisando, com’è accaduto a Giorgia Meloni nell’aula di Montecitorio nella replica sulla vigilia del Consiglio Europeo. Ma quando vi casca in Parlamento un presidente del Consiglio - al maschile, questa volta, come preferisce appunto la Meloni la vicenda è difficile da archiviare. Neppure - temocon la dichiarazione studiata dalla premier col suo sottosegretario di fiducia, Alfredo Mantovano, per rimettere a posto l’album fotografico di Mario Draghi un po’ strapazzato poco prima.

«Il mio - ha spiegato la Meloni – è stato un attacco al Pd, secondo il quale la politica estera è solo farsi le foto con Francia e Germania. L’intenzione non era quella di attaccare Draghi e l’impulso che è riuscito a dare nel sostegno europeo all’Ucraina», accorrendo in treno nel 2022 da Zelenski con Macron e Scholz per incoraggiarlo a resistere all’aggressione della Russia di Putin. «Ho rispettato - continua la dichiarazione della premier, sempre riferendosi a Draghi - la sua fermezza di fronte ai problemi che aveva nella sua maggioranza. Il lavoro che ha svolto non si può risolvere in una fotografia». Cosa che ha ripetuto ieri in aula al Senato.

Ma nell’album di Draghi sono finite poi altre fotografie che, a torto o a ragione, sono entrate di straforo nelle polemiche, nelle insinuazioni, nei sospetti alimentati dalla replica parlamentare della Meloni. Sono finite, per esempio, anche foto recenti di Draghi col presidente francese Emmanuel Macron, che ha lasciato attribuirsi dalla stampa internazionale, senza smentire, il progetto di portare l’ex presidente del Consiglio italiano al vertice della prossima Commissione esecutiva dell’Unione europea, a Bruxelles, o alla presidenza del Consiglio europeo. Progetto che in teoria potrebbe correre parallelamente alle ambizioni politiche della Meloni nell’Unione ma anche disturbarle, diciamo cosi.

Con la sua dichiarazione di precisazione, chiarimento e quant’altro la Meloni ha un po’ fatto quello che la buonanima di Amintore Fanfani soleva intimare in toscano doverosamente aspirato agli amici o colleghi di cui non condivideva scelte o parole: «Chi la fa grossa, la copra». Ma qui c’è forse ancora da chiedersi - non si dispiaccia l’interessata, di cui capisco i ritmi stressanti di lavoro, fuori e dentro casa quanto grossa debba essere intesa quella che l’è scappata fornendo involontariamente un assist che non meritavano, secondo me, né la segretaria del Pd Elly SchleinGiuseppe Conte. Il quale ancora non riesce a mandare giù - temo - lo sfratto da Palazzo Chigi per essere sostituito a suo tempo da un Draghi ch’egli considerava troppo stanco per volergli succedere.