Il momento peggiore sulle condizioni di salute di Berlusconi è stato giovedì scorso quando, dopo la lettura dei giornali, sono cresciute in modo esponenziale, in Italia, in Europa e nel mondo, le preoccupazioni per la sua vita. Solo dopo mezzogiorno del 6 aprile l’Ansa ha battuto la notizia che il capo di Forza Italia aveva «iniziato la chemioterapia per combattere una forma di leucemia che lo ha colpito e che ne ha costretto il ricovero nella terapia intensiva del San Raffaele». Ma incertezze e preoccupazioni hanno continuato ad accavallarsi tra le notizie di telefonate fatte personalmente da Berlusconi a suoi collaboratori e l’arrivo dei suoi famigliari in ospedale ( tutti i figli, il fratello, Marta Fascina, parlamentare e sua attuale compagna).

Poi, finalmente, la nota ufficiale dal San Raffaele di Milano, firmata anche dal professor Zangrillo, vecchio medico personale del capo di Forza Italia, che ha spiegato: «Il Presidente Silvio Berlusconi è attualmente ricoverato in terapia intensiva per la cura di un'infezione polmonare… La strategia terapeutica in atto prevede la cura dell'infezione polmonare, un trattamento specialistico citoriduttivo mirato a limitare gli effetti negativi dell'iperleucocitosi patologica e il ripristino delle condizioni cliniche preesistenti».

Essendo Berlusconi un uomo di 86 anni, con alle spalle un tumore alla prostata e una serie di battaglie condotte in super ospedali ( italiani e stranieri) per proteggersi da varie malattie e allungarsi la vita, si tratta di notizie che sembrano smorzare le paure di mercoledì sera e giovedì prima mattina. Insomma, Zangrillo sembra descrivere un quadro severo ma non immediatamente drammatico.

L’attenzione e il clamore attorno alle notizie trapelate e poi ufficializzate dal San Raffaele si comprendono se si tiene conto che Berlusconi, oltre ad essere alla testa di un grande impero economico, è uno dei politici più longevi della storia della Repubblica (dopo Andreotti per 38 anni in Parlamento, ed Emilio Colombo 32). In ogni caso, in Italia, nessuno è mai stato ininterrottamente capo, proprietario e “padrone” di un partito per 30 anni consecutivi, durante i quali mai nessuno ne ha mai messo in discussione la leadership. Nessuno ha avuto mai per trenta anni consecutivi, come lui, un ruolo di primo piano, dalla maggioranza o dall’opposizione, nella storia della Repubblica.

Viene da lontano Berlusconi. E viene da una strada che nella storia della Repubblica mai nessuno prima di lui aveva percorso. Era il 23 novembre del 1993 quando tutto ebbe inizio. Il proprietario della Fininvest annunziò quella che sarebbe poi stata chiamata la «discesa in campo» del Cavaliere.

Alle spalle ( politiche) in quel momento Berlusconi aveva quel che si può definire un vero e proprio fallimento politico. Non era infatti riuscito a convincere Mario Segni detto Mariotto, da alcuni anni astro brillante della politica italiana, figlio d’arte per il padre ex presidente della Repubblica, a stringere con lui un patto politico per conquistare l’Italia dopo la crisi di quella che sarebbe poi stata chiamata “la Prima Repubblica”.

L’idea di Berlusconi in quel fine ‘ 93 era quella unire le televisioni (di cui lui, ex imprenditore dell’edilizia che aveva a lungo amoreggiato con Bettino Craxi e/ ma anche con la P2 di Licio Gelli, aveva il controllo) al vecchio potere politico, ricostruendo così il blocco storico che aveva fino allora comandato in Italia. Due giorni prima di quel fatidico 23 novembre alla domanda dei giornalisti televisivi su chi avesse scelto, se avesse dovuto votare per il sindaco di Roma nel ballottaggio tra Gianfranco Fini e Francesco Rutelli, il Cavaliere Berlusconi non ebbe esitazioni: «Fini, perché rappresenta bene i valori del blocco moderato nei quali io credo: il libero mercato, la libera iniziativa, la libertà d’impresa. In una parola: il liberismo». Quindi, la conclusione strategica: «Se le forze moderate non si unissero, allora dovrei assumermi la mia responsabilità. Non potrei non intervenire direttamente». E con ancora più nettezza: «Sarei costretto a mettere in campo la fiducia che molta gente ha in me». Insomma, parlò con la certezza di poter vincere.

Con senno di oggi, per capire lo svolgimento degli avvenimenti politici di quel fine ’93 inizio ’94, bisogna necessariamente ipotizzare che Berlusconi fosse già allora il solo ad aver capito la potente e inarrestabile forza di rottura della televisione. Il solo a sapere che la scatola con le immagini, ormai entrata in tutte le case, da sola (non esistevano ancora i social) avrebbe potuto travolgere qualsiasi potenza e qualsiasi avversario politici. Insomma, come se il proprietario di Finivest avesse studiato (allora) un rapporto scientifico con la descrizione della conquista del potere che la televisione avrebbe consentito piallando qualsiasi avversario del suo possessore.

Sceso in campo da pochi mesi, alle elezioni politiche del 1994 Forza Italia inventata da Berlusconi risultò il primo partito del paese. Il proprietario della Fininvest era riuscito ad allearsi con la Lega Nord di Bossi e Alleanza nazionale di Fini. Due forze in opposizione tra loro, tanto che Fi, per tenerle insieme, dovette ricorrere all’espediente di allearsi al Nord con Bossi e al Sud con Fini. Berlusconi vinse sconfiggendo sia i Progressisti di Achille Occhetto (alleato con Bertinotti) che Mariotto Segni (che era stato mollato da Bossi che alla fine aveva scelto di allearsi con Foza Italia). Si aprì una nuova pagina della storia d’Italia che ha pervaso l’intera vicenda della Seconda Repubblica e che ancora non si è conclusa.