La saga familiare dei Pittella, al di là dei vistosi aspetti da serial tv, ha un significato politico che va molto oltre lo specifico dei fratelli attestati su sponde opposte. La sorte ha regalato ai centristi, o “centrini” come va di moda chiamarli, un’allegoria che dovrebbero essere capaci di usare come specchio, per capire come stanno messi e cosa li aspetta senza un colpo di reni che al momento non pare possibile.

I centristi, soprattutto quelli di Azione ma in parte anche i renziani, giocano in Basilicata solo la prima mano di una partita che proseguirà con le regionali dell’anno prossimo. Si tratta di dimostrarsi essenziali per vincere dove la sconfitta farebbe male davvero, anzi rischierebbe di costare il posto a Elly: in Emilia e in Toscana soprattutto. Calenda non ha alcuna intenzione di legarsi al centrodestra. Sarebbe probabilmente disponibile senza Salvini, ma Salvini c’è e un’alleanza tra i due non reggerebbe un solo week- end. Il problema è che se da una parte c’è il ringhioso Capitano dall’altra c'è Conte, che sa presentarsi infinitamente meglio ma nella sostanza, almeno agli occhi del leader di Azione per non parlare di quello di Iv, è la stessa cosa.

Ma le fortune elettorali dei 5S sembrano in calo (anche se le elezioni amministrative non sono mai un buon test quando c’è di mezzo il Movimento). In compenso i centristi, se riuscissero a mettersi tutti insieme e non ce la fanno solo per questioni di ego spropositati, rappresenterebbero una percentuale di voti tale da poter alzare la voce e tentare davvero la carta dell’ “ago della bilancia”, quella che vagheggiano e che cercano di rendere credibile con la levata di testa in Lucania. La spaccatura in famiglia tra i potenti della Basilicata, però, evidenzia il limite di questa strategia.

Una parte dell’elettorato centrista non voterà mai per una coalizione nella quale figurino non solo Salvini ma anche una Giorgia Meloni che all’estero si presenta coerentemente come leader conservatrice e non più radicale mentre in Italia alterna quella parte con quella, molto più sguaiata della comiziante infiammata. In compenso un’altra parte del medesimo elettorato non metterebbe mai sulla scheda una crocetta che andasse a vantaggio anche degli odiati 5S.

I “centrini” possono raccogliere i loro voti solo se stanno da soli, contro i nemici equamente distribuiti nelle due alleanze maggiori. Ne raccoglierebbero probabilmente molti di più se riuscissero a presentarsi uniti ma l’impresa si è già dimostrata impossibile, oltre che per i citati ed esecrabili aspetti caratteriali dei leader, proprio perché devono navigare nello stretto pieno di correnti infide tra i due poli maggiori, il che esaspera ogni tensione interna.

L’aspetto paradossale è che la legge elettorale che vorrebbero ora i 5S, un proporzionale che permettesse di evitare l’obbligo di alleanza preventivamente dichiarate, sarebbe la sola via d’uscita per i nemici giurati centristi dei 5S. Ma quella strada è stata resa impraticabile proprio dal Movimento, i cui successi nel ’ 13 e nel ’ 18 avevano smantellato il bipolarismo. L’esito però è stato quello noto: 6 governi e 6 maggioranze diverse in 9 anni. Un percorso gli stessi elettori, dopo il decennio più pazzo della politica italiana, proibirebbero l’accesso. I centristi dovrebbero avere il coraggio dunque di scegliere, tra Conte e Salvini, l’alleato che li disgusta di meno, prendendo esempio da Antonio Tajani. L’abilità dell’erede di Berlusconi, posizione tra le più scomode che si possano immaginare, è stata proprio non farsi sedurre dalle sirene di un centro autonomo, che sulla carta poteva sembrare una carta vincente mentre si sarebbe rivelato catastrofico, anche a costo di accettare almeno in prima battuta un ruolo quasi ancillare nel centrodestra in quel momento totalmente egemonizzato dalla destra a scapito del centro. L’alternativa, per Calenda come per Renzi, è quella che va in scena in queste ore in Lucania: saranno gli elettori, alle prossime Politiche, a dividersi e scegliere dove collocarsi lasciando i leader soli al centro. In rappresentanza di se stessi.