È possibile convincere, o spingere, la Bce a tornare sulle proprie decisioni? Al di là delle sparate fragorose del ministro Crosetto o delle indiscrezioni più caute nella forma ma identiche nella sostanza che fa filtrare il ministero dell’Economia questo è il cruccio che perseguita il governo in questi giorni. Molto più dei rincari, che sono invece il problema più immediatamente e direttamente avvertito dalla popolazione, quello che più rischia di incrinare a breve la popolarità del governo. Su quel fronte però né palazzo Chigi né via XX settembre sembrano nutrire troppe paure. Il governo conta sul calo del prezzo del gas, i cui effetti sul costo dell'energia si dovrebbero vedere nel giro di un paio di mesi, non solo per il calo delle bollette ma anche per un raffreddamento complessivo dei prezzi.

L'inflazione, che da noi nell'ultimo mese è un po' calata ma meno che negli altri Paesi europei, deriva in larga misura proprio dal prezzo dell'energia e dunque, argomentano al Mef, il crollo del prezzo del gas dovrebbe rendere la situazione molto più sostenibile.

In ogni caso il governo è pronto a intervenire con nuovi sostegni sulle bollette, anche a costo di procedere con un nuovo e contenuto scostamento di bilancio. Nessuna possibilità invece, almeno per ora, per nuovi interventi sulle accise per abbassare i costi del carburante. Molto semplicemente, costano troppo.

Ma se dai rincari diffusi si passa al rincaro per eccellenza, quello dei tassi d'interesse già annunciato dalla Bce, che ha in programma una serie imprecisata di innalzamenti di 50 punti a partire da marzo, il discorso cambia e la rosea visione del futuro si rovescia in un cupo pessimismo. E forse ancor più dell'aumento dei tassi la preoccupazione da allarme rosso è alimentata dalla decisione di interrompere gli acquisti dei titoli pubblici e di rimetterli gradualmente in vendita, portando così a un impennata dei rendimenti dei titoli pubblici italiani.

La Bce ha risposto implicitamente alle preoccupazioni e alle critiche dei governanti italiani con un articolo pubblicato sul suo sito e firmato da cinque economisti nel quale si sostiene che proprio l'inflazione, aumentando il Pil nominale e quindi abbassando il rapporto debito/ Pil dovrebbe garantire comunque la sostenibilità del debito. Si tratterebbe insomma “di un pasto non gratis ma abbordabile”. La spiegazione non convince e meno ancora rasserena l'Italia. Prima di tutto perché se ciò è vero nel breve termine, guardando oltre la prossima curva si scorgono interessi sul debito accresciuti che continueranno a pesare anche quando l'inflazione sarà passata. Poi, e anzi soprattutto, per il rischio assolutamente concreto che le misure decise dalla Bce affossino la crescita del Paese.

Solo che far tornare la Bce sui propri passi è impresa quasi proibitiva e anzi la presidente della Banca centrale europea fa filtrare una notevole irritazione per le critiche che l'Italia muove ormai da settimane e sempre più rumorosamente. La Germania, convinta da sempre e ormai sembra per sempre, che il contrasto all'inflazione debba prevalere su qualsiasi altra considerazione spinge e spalleggia e così l'Olanda. La sola possibilità passa dunque per la creazione di un fronte di Paesi europei sostanzialmente concordi con le posizioni italiane, nella speranza che il blocco possa imporre, se non un pieno ripensamento, almeno una minore drasticità nelle scelte di Francoforte e va da sé che per avere qualche chances di successo questo fronte dovrebbe contare nella prima linea, oltre all'Italia e alla Spagna, anche la Francia. È una strada che l'Italia intende provare a battere, facendo leva sia sulla sostanziale differenza tra l'inflazione creata da un eccesso di domanda e quella determinata, come in questo caso, dall'impennata dei costi dell'energia e delle materie prime, sia dal dato concreto che registra una discesa dell'inflazione destinata a prendere velocità, in prospettiva, grazie al crollo del prezzo del gas. Ma è una porta molto stretta che, in più, deve scontare un gelo dei rapporti con la Francia mai davvero superato.

Nei prossimi mesi Giorgia Meloni dovrà vedersela con le prime vere difficoltà interne: la guerriglia interna alla maggioranza sull'autonomia, i rincari, la prova del fuoco per il Pnrr. È probabile che debba contestualmente fare i conti con un attrito molto serio con la Ue e la Bce.