«LItalia dei Valori è finita domenica sera, a Report. Mediaticamente siamo morti. Siamo vittime di un killeraggio, di un sistema politico e finanziario che non ha più bisogno di noi».

È il primo novembre 2012 e con queste l’ex pm di Mani pulite, Antonio Di Pietro, consegna al Fatto quotidiano il suo testamento politico. Pochi giorni prima, infatti, Milena Gabanelli aveva decretato la fine del partito guidato dall’ex magistrato con una puntata ( intitolata “Gli insaziabili”) dedicata alla gestione dei rimborsi elettorali. Tonino, che di lì a poco si reinventerà agricoltore a Montenero di Bisaccia, viene accusato di una gestione opaca dei finanziamenti pubblici, in parte utilizzati per l’acquisto di 56 proprietà: case, terreni e casolari agricoli.

Pazienza se il numero dei possedimenti fosse in realtà di gran lunga inferiore. Intanto il partito dei valori finisce nel bel mezzo di una bufera che non è semplice gestire in vista delle imminenti elezioni politiche. Di Pietro rimane completamente isolato: Bersani gli chiude la porta in faccia, anche su suggerimento di Giorgio Napolitano, e l’Idv si sgretola. A difenderlo rimane solo Beppe Grillo. Ma è solo una difesa di facciata, lo propone come futuro capo dello Stato parecchi mesi prima della fine del settennato di Napolitano: «Il mio auspicio è che il prossimo presidente della Repubblica sia Antonio Di Pietro, l’unico che ha tenuto la schiena dritta in un Parlamento di pigmei. Chapeau!».

Cinque giorni dopo, il comico scarica l’amico, negandogli un’alleanza: «Antonio Di Pietro ha la mia amicizia, ma il M5S non si alleerà nè con l’Idv, nè con nessun altro. Il M5S vuole sostituire il Sistema dei partiti con la democrazia diretta. In sostanza vuole la fine dei partiti basati sulla delega in bianco». Grillo ha capito che i tempi stanno cambiando e non vuole confondersi con l’amico Tonino. Per l’Idv è la fine politica: troverà ospitalità all’interno della Rivoluzione civile di Ingroia ma senza entrare in Parlamento.