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Uno sul “sacro” prato di Pontida con Marine Le Pen, l’altra con Ursula von der Leyen a Lampedusa. Il derby a destra tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni si gioca in contemporanea e tutto sulla pelle dei migranti, in bilico tra blocchi navali e dialogo con l’Europa. Obiettivo non dichiarato: contendersi una corposa fetta di elettorato terrorizzata da una fantomatica «invasione» proveniente dal mare. Sullo sfondo: Bruxelles e i futuri equilibri all’Europarlamento e in Commissione, con la premier indecisa tra il corteggiamento ai Popolari e il ritorno alle parole d’ordine di un tempo (Dio, patria e famiglia), e il suo vice determinato a far saltare qualsiasi inciucio moderato e intento a costruire una nuova internazionale nera che possa fare da barriera a ogni compromesso sottobanco.
«Non c’è nessuna divergenza tra noi e Meloni», spiega al Dubbio, capogruppo della Lega alla Camera Riccardo Molinari.». Certo, «Il prato di Pontida è un appuntamento in agenda da mesi, la visita a Lampedusa è una cosa decisa in questi giorni», aggiunge, prima di specifica: «La contemporaneità degli eventi è una risposta di Meloni alla Lega? Non lo questo, dovete chiederlo a Meloni, ma credo che la presidente sia lì per dovere istituzionale, magari von der Leyen poteva solo oggi…». E il capogruppo al Senato Massimiliano Romeo dice: «Noi con Le Pen e Meloni con von der Leyen? Chiamiamole convergenze parallele».
È questa la cornice in cui va in scena Pontida 2023, tutta condensata in una competizione familiare, tra alleati, senza precedenti. “Padroni a casa nostra” e “identità e democrazia” sono gli slogan più gettonati che campeggiano sulle magliette dei militanti arrivati in una vallata bergamasca dai posti più svariati d’Italia. Sì, perché della Lega secessionista qui non è rimasto più nulla. Nel Carroccio sovranista c’è posto per tutti. Come i ragazzi abruzzesi, che armati di organetto cantano tra gli stand «Quant'è bello lu primm'ammore». A vederli così, allegri scampagnanti, somigliano più a giovani dell’Azione cattolica che a militanti politici di un partito intenzionato a sbarrare le porte a uomini, donne e bambini in fuga dalla disperazione. Difficile immaginare cosa pensino degli abruzzesi i compagni di partito veneti, che preferiscono occupare un’altra porzione di terreno, lontani da ogni contaminazione. Del resto, a Pontida vale tutto e il contrario di tutto. Così, insieme ai figli nazionalisti del salvinismo si possono trovare ancora persone legate al vecchio mito dell’indipendenza con kilt simil scozzese e barba tinta di verde. Fanno colore su questo prato ormai tappezzato di blu Salvini, una cesura cromatica con la Lega del passato.
Da quando è sulla breccia lui, le priorità del “capitano” si chiamano migranti e troika. E su quelle si gioca la battaglia propagandistica con la sorella d’Italia. Un derby dal finale imprevedibile. Per Salvini basta che non finisca come per il suo Milan, sopraffatto per 5 a 1 dall’Inter.