Come la sintesi di un film di cui sappiamo già il tragico finale. Ha dato questa impressione l’informativa urgente del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, che prima alla Camera e poi al Senato ha ripercorso, a tratti minuto per minuto, gli eventi che hanno portato al naufragio avvenuto sulle coste di Steccato di Cutro.

Ricordando i 72 morti, di cui 28 minorenni, gli 80 sopravvissuti e i 3 scafisti arrestati, il titolare del Viminale ha ripercorso le ore del naufragio, senza tralasciare i particolari più crudi. Partita tre giorni prima dalla Turchia, la barca raggiunge il mar Jonio nel pomeriggio di sabato 25 febbraio e viene visualizzata da un aereo di Frontex, ma gli scafisti fermano la navigazione per evitare di sbarcare di giorno con il rischio di essere intercettati dalle forze dell’ordine.

«La segnalazione Frontex circa l’imbarcazione non rappresentava una situazione di pericolo e non c’erano state chiamate di soccorso di nessun genere», ha detto Piantedosi. Quel che succede tra quei momenti e il naufragio è cronaca. Il meteo peggiora, il mare s’ingrossa e le due motovedette della Guardia di Finanza uscite per verificare la situazione della barca rientrano perché impossibilitate a proseguire. Le opposizioni da giorni chiedono perché a questo punto non sono uscite le motovedette della Guardia Costiera, che potrebbero navigare anche con il mare forza 8, e Piantedosi lascia intendere che il motivo è che nessuno aveva segnalato la barca in pericolo, ma l’impossibilità di proseguire per i mezzi della Guardia di Finanza avrebbe dovuto far accendere qualche lampadina. Che invece non si è accesa, fino al naufragio.

«Tornando ai racconti dei sopravvissuti, la navigazione era proseguita fino alle 3.50 quando, a circa 200 metri dalla costa, erano stati avvistati dalla barca dei lampeggianti provenienti dalla spiaggia e a quel punto gli scafisti, temendo la presenza delle forze dell’ordine lungo la costa, effettuano una brusca virata nel tentativo di cambiare direzione per allontanarsi dal quel tratto di mare - spiega il ministro - In quel frangente, la barca, trovandosi molto vicino alla costa e in mezzo a onde alte, urta, con ogni probabilità, il basso fondale, una secca, e per effetto della rottura della parte inferiore dello scafo, comincia ad imbarcare acqua». Qui il racconto si fa più crudo. «Sempre sulla base delle dichiarazioni dei superstiti, a quel punto due degli scafisti si buttano in acqua, mentre un terzo viene fermato dai migranti, per impedirgli di lasciarli soli sulla barca incagliata - continua Piantedosi - molti altri migranti, nel frattempo, salgono sul ponte in cerca di aiuto e lo scafista rimasto a bordo, approfittando del momento di caos, riesce ad abbandonare la barca su un gommone di piccole dimensioni e a far salire poi gli altri due scafisti per dirigersi verso la costa: in quel preciso momento una forte onda capovolge la barca di legno e tutti i migranti cadono in mare mentre la barca viene distrutta».

E ancora. «Pochi minuti dopo le 3.55, sull’utenza di emergenza 112 giunge una richiesta di soccorso telefonico da un numero internazionale - aggiunge Piantedosi - questo il momento preciso in cui, per la prima volta, si concretizza l’esigenza di soccorso per le autorità italiane». La difesa del governo si basa tutta su questo punto: fino a quel momento, secondo il ministero dell’Interno, non c’era necessità di intervenire, e quindi nessuno è intervenuto.

Poi il ministro dell’Interno passa al contrattacco. «Sostenere che i soccorsi sarebbero stati condizionati o addirittura impediti dal Governo costituisce una grave falsità che offende, soprattutto, l’onore e la professionalità dei nostri operatori impegnati quotidianamente in mare, in scenari particolarmente difficili», incalza. Ma il clima in Aula si scalda, fino a diventare incandescente quando Piantedosi parla della conferenza stampa a Crotone, il giorno dopo il naufragio. «Alla gravità di questa condotta criminale facevo riferimento quando, con commozione, sdegno e rabbia e negli occhi l’immagine straziante di tutte quelle vittime innocenti, ho fatto appello affinché la vita delle persone non finisca più nelle mani di ignobili delinquenti, in nessun modo volendo colpevolizzare le vittime - spiega - Mi dispiace profondamente che il senso delle mie parole sia stato diversamente interpretato». Dai banchi delle opposizioni si alzano grida di «vergogna» e poco dopo la scena si ripete in Senato. Il risultato è che il governo respinge la richiesta di dimissioni e le opposizioni rimangono sul piede di guerra, mentre il mare davanti a Steccato di Cutro continua a restituire i cadaveri di uomini, donne e bambini.