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Ma se i Cinquestelle sono la lepre, chi tra Renzi e Berlusconi è il meglio attrezzato per intrappolarli? Per avere qualche lume, meglio evitare la cortina fumogena della campagna elettorale siciliana e concentrarsi sui messaggi che vengono inviati agli elettori su altri fronti, forse decisivi. È il caso del rapporto con l’Europa e, soprattutto, del fisco che verrà. O, auspicabilmente, dovrebbe.
Ieri era la giornata giusta visto che sia Di Maio che i leader di Pd e FI occupavano pagine di interviste rispettivamente su Avvenire, Stampa e Panorama- Tempo. Dopo aver magnificato il sistema tributario francese, che prevede il quoziente familiare ( vero nocciolo dell’intervista) ma aliquote su case e persone fisiche superiori a quelle italiane, a domanda su dove troverebbe i soldi, il candidato premeir grillino risponde serafico: «Non c’è scampo, dobbiamo fare deficit e sforare la regola del 3 per cento» obbligata dai custodi del fiscal compat a Bruxelles. La singolarità - ma fino ad un certo punto - sta nel fatto che anche Matteo Renzi sciorina la stessa tovaglia per apparecchiare di fantasmagoriche libagioni il tavolo elettorale: «Con i 50 miliardi di euro che si libererebbero abbandonando il fiscal compact e tornando a Maastricht, si può rivoluzionare il Paese», assicura. La diminuzione impositiva non è citata ma, presumibilmente, solo perché l’ex premeir la dà per scontata e praticata quando sedeva a palazzo Chigi.
Di tutt’altro avviso invece l’ex Cav: di nuovo «impresentabile» come lo apostrofa Repubblica. Il quale boccia senza appello il fisco francese: «È folle, ha un’imposta di successione al 45% e le famiglie benestanti scappano in Svizzera, Portogallo e perfino in Russia» ; i tagli da fare sono alla spesa pubblica e la cosa fondamentale è recuperare la lira come moneta appaiata all’euro.
Insomma Di Maio e Renzi sono sulla stessa lunghezza d’onda per quel che riguarda il Moloch del fiscal compact da abbattere senza se e senza ma.
Chissà se queste affinità elettive emergeranno, e in che misura, nel faccia a faccia di martedì in tv.
Berlusconi invece vuole aggirarlo, meglio se affogandolo in un oceano di banconote parallele. E il debito pubblico di 2 mila e passa miliardi?
Parlarne, evidentemente, non è cool.
Domanda: tra i tre, chi ha la ricetta più appetibile per gli elettori?