Domenica, almeno da un punto di vista non esaustivo ma reale, gli elettori del Pd si troveranno di fronte alla più classica delle scelte: puntare sull'ignoto o ripararsi dietro l'usato sicuro? Elly Schlein per la verità ha evitato ogni posizione arrischiata, rifuggito ogni posizione radicale. Se ci si limita alle posizioni ufficiali rintracciare differenze tra lei e Stefano Bonaccini è quasi impossibile.

Ma nella politica del 2023 le parole sono poco, l'immagine è moltissimo e l'immagine della outisder promette un futuro suggestivo ma incerto, quella del presidente dell'Emilia-Romagna sa al contrario di apparato: pochi guizzi ma anche poco azzardo. Da un altro punto di vista, soprattutto per gli elettori che vengono dall'esperienza del Pds-Ds, si ripropone un duello eterno e ormai un bel po' stucchevole: quello tra i “veltroniani” e i “dalemiani”, e forse, ancora prima, tra “occhettiani” e “dalemiani”. Difficile immaginare una candidata più adeguata allo stile di Wolter della vicepresidente dell'Emilia: l'approccio liberal all'americana, oltretutto originale e non d'imitazione, l'attenzione prevalente sui diritti civili e sull'ambiente condita con più generiche e imprecisate spinte verso la giustizia sociale. Bonaccini, a suo tempo renziano, si attaglia di meno ai panni dell'antica area dalemiana ma certo incarna una visione centrata sul partito e sull'organizzazione molto più che non sulla “carovana” di occhettiana memoria, richiamata invece di fatto dalle suggestioni movimentiste di Elly.

Sullo sfondo si profila però una scelta più concreta e terragna, certamente più incisiva pur se negata da entrambi i concorrenti: quella intorno alla natura del Pd, alla sua struttura. È la sola vera posta in gioco in questo scontro congressuale e si spiega così la distinzione limitata a sfumature su quello che dovrebbe invece essere il centro del confronto per un partito in profondissima crisi d'identità: le scelte politiche, l'orizzonte di fondo e le alleanze a breve. La scelta sul carattere strutturale del Pd sembra essere quello tra il partito degli amministratori al quale guarda Bonaccini e quello movimentista ma con al proprio interno le vecchie correnti di Elly Schlein.

Per quanto riguarda il governatore, l'obiettivo di ricostruire il partito intorno alla centralità degli amministratori, come del resto è lui stesso, appare quasi conclamata. I supporti, molto pesanti, di cui si avvale vengono del resto dall'apparato amministrativo: Nardella in Toscana, i potenti governatori del Sud, a partire dai governatori De Luca ed Emiliano. Schelin è in una posizione diversa. Non ha mai chiesto l'appoggio delle correnti ma non lo ha neppure rifiutato. È convinta di poterle tenere a bada comunque e probabilmente pecca d'ottimismo. I signori del Pd, o almeno molti di loro, la hanno scelta sia per mancanza di alternative sia perché convinti, e probabilmente non a torto, di essere maggiormente in grado di condizionarla e controllarla. La candidata non ha in mente nessuna strategia gattopardesca: i suoi sostenitori certamente sì.

Un capitolo essenziale, ma sul quale il congresso ha colpevolmente glissato, è quello delle alleanze: i disastri delle elezioni politiche e regionali discendono dall'incapacità di impostare e poi difendere una solida politica delle alleanze. Né Bonaccini né Schlein hanno però voluto rischiare di perdere il voto dei “filocentristi” o dei “filocontiani”. Da questo essenziale punto di vista gli elettori dovranno votare al buio e chiunque esca vincente dai gazebo avrà le mani libere. Per modo di dire, però: la polvere nascosta sotto il tappeto congressuale non potrà essere più contenuta quando quelle “mani libere” dovranno essere usate e il rischio di scissione si vedrà a quel punto.

C'è un ulteriore elemento centrale, che riguarda entrambi i papabili: il successo o meno della consultazione. Nelle primarie del 2007 votarono quasi 3 milioni e mezzo di persone. L'ultima prova, quella che elesse Zingaretti, aveva registrato un milione e 300mila elettori. Un risultato al di sotto del milione di voti sarebbe una sconfitta secca. Per tutti.