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achille occhetto pci
Achille Occhetto, storico segretario del Partito comunista italiano, in un'intervista a Repubblica, sostiene che il prossimo congresso del Partito democratico non dovrà decidere se stare con Giuseppe Conte o Carlo Calenda, ma «capire se stare con sé stesso e con la società italiana. Altrimenti il Partito democratico muore». «Ho sempre sostenuto che uno dei difetti della Svolta, nel 1989, fu che l’attenzione si concentrò sul cambio del nome del Pci, quando invece sostenevo che prima andavano definiti i contenuti del nuovo partito: nomina sunt consequentia rerum. Quindi il Pd prima dovrebbe capire cosa vuole fare, chi intende rappresentare. Qual è la sua identità? Non lo sa più. C’è chi lo definisce un partito radicale di massa, che ha separato i valori dei diritti civili da quelli sociali. Ma per i primi bastano delle semplici dichiarazioni, per i secondi invece bisogna rimboccarsi le maniche ogni giorno nella pratica sociale. È esattamente quello che non è avvenuto«, commenta Occhetto, secondo il quale il Pd è diventato antipatico: «Non c’è dubbio - sottolinea -. È saltato l’equilibrio tra ragione e sentimento; la ragione della responsabilità e il sentimento verso le passioni forti. Il governismo è stata la sua vera malattia«. «Ci sono cose positive nell’agenda Draghi, che riconosce persino Giorgia Meloni quando si spende per la difesa dei conti pubblici ed invoca la compattezza europea sul prezzo al tetto del gas, mentre l’europeista Scholz gioca da solo - aggiunge -. Ma l’errore del Pd è stato quello di fare suo il programma di unità nazionale, invece che proporne uno di suo, di sinistra«. «Io a tutti quelli che me lo chiedevano avevo detto di votare centrosinistra, anche Bonino o Fratoianni, perché l’avversario era la destra«, dice Occhetto, aggiungendo: «Non ho mai preso la tessera del Pd, e sono stato il primo a parlare di fusione a freddo tra Ds e Margherita. Ma domenica ho poi votato Pd«.